La decisione di separare l’ospedale ginecologico Sant’Anna dalla Città della Salute per integrarlo nel Regina Margherita, l’ospedale pediatrico, ha acceso un acceso dibattito nel Consiglio Regionale del Piemonte, contrapponendo le forze di maggioranza e le opposizioni.
Questo processo, definito da alcuni come una manovra affrettata, solleva interrogativi cruciali riguardo il futuro dell’assistenza sanitaria alla donna e al neonato nella regione.
Le minoranze consiliari, rappresentate da M5S, Avs, Stati Uniti d’Europa e altre forze di opposizione, criticano aspramente l’operato della Giunta Regionale, denunciando una mancanza di consultazione con gli stakeholder chiave.
Sarah Disabato (M5S) e i colleghi Unia e Coluccio evidenziano come il progetto sia stato elaborato senza coinvolgere l’Università, il personale sanitario e le associazioni di pazienti, elementi imprescindibili per garantire la qualità e l’efficacia dei servizi offerti.
La preoccupazione principale è il rischio di una riduzione dell’offerta di servizi dedicati alla salute femminile, con conseguenze negative per l’assistenza a 360 gradi.
Alice Ravinale (Avs) sottolinea la natura meramente formale della delibera approvata, priva di un piano operativo dettagliato, un cronoprogramma e, soprattutto, di risorse finanziarie adeguate.
La decisione, inoltre, sembra nascondere un trasferimento di oneri finanziari dal fondo destinato alla Sanità, con un impatto significativo sulla già fragile situazione economica della Città della Salute, che presenta un passivo tra i 50 e gli 80 milioni di euro.
La consigliera Nallo (Stati Uniti d’Europa) mette in luce la mancanza di una visione strategica da parte della maggioranza, esprimendo il timore che i pazienti siano costretti a spostarsi tra diverse strutture per ricevere le cure, frammentando un percorso assistenziale che oggi è integrato.
L’esclusione dell’Università di Torino, pilastro fondamentale per la formazione, la ricerca e la qualità dell’assistenza, rappresenta, a suo dire, un errore grave e inaccettabile.
In contrasto con le critiche delle opposizioni, Fratelli d’Italia difende la decisione di scorporo come un atto di merito, volto a creare un polo materno-infantile di eccellenza.
Roberto Ravello e Carlo Riva Vercellotti argomentano che il modello precedente, caratterizzato da economie di scala illusorie, ha generato disavanzi significativi.
Lo scorporo, secondo loro, permetterà di migliorare i servizi, ridurre i costi e candidare il polo risultante a status di Iccs (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico).
Riconoscono le accuse di mancanza di interlocuzione con l’Università, ma presentano prove contrarie, sostenendo che l’assessore Riboldi ha documentato un’ampia consultazione.
Fabrizio Ricca (Lega) conclude ribadendo il mandato ricevuto dai cittadini, volto a un sistema sanitario più vicino alle loro esigenze, e garantisce la piena operatività dei presidi, con un miglioramento dell’efficienza complessiva.
In sintesi, il dibattito attorno allo scorporo del Sant’Anna rivela una profonda divergenza di prospettive, con la maggioranza che lo presenta come un’opportunità per migliorare l’assistenza materno-infantile e le opposizioni che esprimono timori per la qualità dei servizi, la sostenibilità finanziaria e il coinvolgimento degli stakeholder chiave.
Il futuro della sanità piemontese alla donna e al neonato resta appeso a questa delicata decisione.






