Il gesto di Gianluigi Donnarumma, al termine della conferenza stampa, trascende il semplice atto di solidarietà.
È un faro acceso nell’oscurità di un episodio vergognoso, un monito severo contro la degenerazione che, troppo spesso, contamina il mondo del calcio giovanile.
L’aggressione subita dal piccolo Thomas, portiere tredicenne, a Collegno, rappresenta una frattura profonda non solo nel malleolo e nello zigomo del ragazzo, ma anche nel tessuto etico che dovrebbe sorreggere la pratica sportiva.
L’incidente, un atto di inaccettabile violenza perpetrato dal padre di un avversario durante la partita Under 14 tra Volpiano-Pianese e Carmagnola, è il sintomo di una malattia più ampia: la progressiva perdita di controllo emotivo e la ricerca distorta di una “vittoria” a tutti i costi.
Dietro l’episodio si celano frustrazioni, rabbie e aspettative irrealistiche che gravano sugli atleti, sui genitori e, in ultima analisi, sull’intero sistema.
Donnarumma, portiere di fama mondiale e simbolo del calcio italiano, non si limita a esprimere condanna.
Invitando Thomas a Coverciano, il centro tecnico federale, il capitano degli Azzurri offre al ragazzo un abbraccio collettivo, un gesto di accoglienza che mira a ricostruire la fiducia e a riaffermare i valori fondamentali dello sport: fair play, rispetto dell’avversario, educazione al controllo delle proprie emozioni.
L’invito è un messaggio potente per tutti: genitori, allenatori, dirigenti, e per l’intera comunità calcistica.
È un richiamo alla responsabilità, un’esortazione a riflettere sul ruolo dell’adulto come esempio positivo per i giovani.
Il calcio, soprattutto a livello giovanile, deve essere soprattutto un luogo di crescita, di apprendimento, di socializzazione.
Non può trasformarsi in un campo di battaglia dove prevalgono l’aggressività e la sopraffazione.
La vicenda di Thomas non deve rimanere un episodio isolato.
Deve innescare un dibattito ampio e profondo sulle cause della violenza nel calcio e sulle strategie per prevenirla.
È necessario promuovere una cultura sportiva basata sul rispetto, sulla lealtà e sulla consapevolezza che il vero obiettivo non è la vittoria a tutti i costi, ma la crescita personale e collettiva dei giovani.
L’abbraccio di Coverciano è un primo passo, ma è necessario un impegno costante e condiviso per restituire al calcio giovanile la sua autentica essenza: un’esperienza formativa e gratificante per tutti.