L’Alto Adige, terra di vette maestose e panorami mozzafiato, si è recentemente trovata a confrontarsi con un’intensità eccezionale di attività elettrica atmosferica. Ieri, sensori sparsi per la regione hanno rilevato 6.200 fulmini, un evento che, seppur significativo, non rappresenta l’apice di una tendenza complessa. Il record degli ultimi quindici anni, detenuto dal 25 luglio 2019, segna ben 7.130 fulmini, testimoniando la capacità del territorio di generare fenomeni elettrici di notevole potenza.Considerando le medie estive, l’Alto Adige accoglie, di consueto, circa 32.000 fulmini, con un picco inequivocabile nel mese di luglio. Questa concentrazione di attività elettrica è particolarmente accentuata nelle Alpi Sarentine, area geografica che si configura come un vero e proprio “hotspot” meteorologico. I dati, diffusi dal meteorologo provinciale Dieter Peterlin, assumono un’urgenza drammatica a seguito della tragica perdita di tre alpinisti tirolesi, vittime di un fulmine durante un’escursione nei pressi di Landeck. La loro scomparsa sottolinea l’importanza cruciale di una comprensione profonda dei meccanismi che regolano i temporali montani e l’adozione di comportamenti responsabili in ambiente alpino.La formazione di questi violenti temporali è legata alla particolare orografia della regione. Le catene montuose, agendo da barriere orografiche, costringono l’aria umida a salire, raffreddandosi e condensando, favorendo la genesi di nubi temporalesche. L’instabilità atmosferica, alimentata dal riscaldamento diurno e dalla presenza di masse d’aria contrastanti, contribuisce ulteriormente a intensificare il fenomeno. Il fulmine, in sé, è una scarica elettrica che si verifica quando l’elettricità statica accumulata all’interno di una nube (o tra nube e suolo) supera la capacità dell’aria di isolare.In seguito a questo tragico evento, Peterlin ha sottolineato con forza l’importanza di una corretta gestione del rischio temporalesco in montagna. La priorità assoluta, in caso di imminente temporale, è abbandonare immediatamente le zone esposte: cime, creste rocciose e qualsiasi punto elevato del terreno rappresentano veri e propri bersagli per i fulmini, che tendono a cercare il percorso di minor resistenza verso il suolo. La discesa a quote più basse, la ricerca di riparo in rifugi alpini o in veicoli, e la rimozione di oggetti metallici (non per il rischio di attrazione del fulmine, ma per il potenziale pericolo di ustioni derivanti dalla corrente) sono azioni fondamentali. Anche un bosco fitto può offrire una protezione relativa, purché si eviti accuratamente l’appoggio a singoli alberi isolati, che rappresentano un rischio ancora maggiore. In assenza di alternative, la posizione di rannicchiamento a terra, con i piedi ben chiusi, minimizza la superficie di contatto con il suolo e la potenziale esposizione alla scarica.La tragedia, purtroppo, ci ricorda che la montagna, al di là della sua bellezza e delle sue opportunità di svago, richiede rispetto, conoscenza e prudenza. Una corretta valutazione delle condizioni meteorologiche, un’attenta pianificazione dell’escursione e la capacità di reagire prontamente in situazioni di emergenza sono elementi imprescindibili per affrontare la montagna in sicurezza.
Alto Adige, ondata di fulmini: record e allerta dopo la tragedia
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