martedì 29 Luglio 2025
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Cassazione, il caso Mocanu: un femminicidio al vaglio della giustizia.

Il caso di Alexandra Elena Mocanu, la barista trentacinquenne barbaramente assassinata nel suo appartamento di viale Trieste, si avvia alla sua conclusione processuale in Cassazione, con un’udienza fissata per il 21 ottobre.

Il drammatico episodio, verificatosi il 22 ottobre 2022, ha scosso profondamente la comunità bolzanina e riapre il dibattito cruciale sulla violenza di genere e le sue conseguenze giuridiche.

Avni Mecja, il compagno ventinoveenne della vittima, ha agito con ferocia, infliggendo alla donna due colpi mortali con un martello.

La ricostruzione dei fatti ha evidenziato una scena di efferata brutalità, aggravata dalla fuga immediata dell’uomo in Albania, per poi tornare in Italia e costituirsi.

Il percorso giudiziario ha visto due sentenze di condanna a ventiquattro anni di reclusione per omicidio pluriaggravato.
Entrambe le decisioni, quella di primo grado e quella dell’appello, hanno affrontato la delicata questione del bilanciamento tra le circostanze aggravanti e attenuanti.
I giudici hanno equiparato l’adempimento del corretto comportamento processuale, unitamente al versamento di un contributo economico destinato al figlio minore della vittima, alle aggravanti legate alla pregressa condanna per stalking (due anni) e alla natura del rapporto coniugale/convivenza come contesto del delitto.
Il ricorso presentato alla Suprema Corte, proposto sia dalla Procura Generale che dalla difesa, solleva questioni giuridiche di notevole complessità.

La sostituta procuratrice generale Donatella Marchesini contesta la scelta di infliggere una pena detentiva inferiore al massimo previsto dalla legge, invocando l’ergastolo come più adeguata risposta alla gravità del crimine commesso.
Tale richiesta si basa sull’interpretazione delle circostanze attenuanti, ritenute insufficienti a mitigare la pena massima edulcorandola.
L’avvocato difensore Massimo Dal Ben, invece, argomenta la disconnessione temporale e causale tra le azioni persecutorie pregresse, che avevano già portato alla condanna per stalking, e il tragico evento del femminicidio.
L’assenza di un nesso diretto, a suo dire, inficia la contestazione dell’aggravante e suggerisce una revisione del peso delle attenuanti generiche, considerate da lui prevalenti.

Il caso Mocanu si pone, pertanto, come un banco di prova per il diritto penale italiano nel suo approccio alla violenza di genere.
La sentenza della Cassazione definirà non solo la pena finale per Avni Mecja, ma anche i criteri di valutazione delle circostanze attenuanti e aggravanti nei femminicidi, contribuendo a delineare un quadro più chiaro per la giustizia e la prevenzione di simili tragedie.
Il dibattito aperto dalla vicenda, inevitabilmente, trascenderà i confini del singolo caso, alimentando la riflessione su temi cruciali come la responsabilità individuale, il ruolo del sistema giudiziario e la necessità di un cambiamento culturale profondo.

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