L’imminente sospensione delle attività della cucina ospedaliera di Rovereto, fissata per tra poco più di tre settimane, getta un’ombra di incertezza sul futuro di trenta lavoratrici, impiegate in appalto per la distribuzione dei pasti e la gestione della lavanderia stoviglie.
La previsione di una paralisi operativa protratta per almeno sette mesi amplifica la loro preoccupazione, acuendo il timore di una perdita del posto di lavoro e dell’interruzione dei redditi.
L’assenza di comunicazioni ufficiali, sia da parte di Dussmann, la società appaltatrice, sia dall’Azienda Sanitaria Locale, ha generato un clima di profonda frustrazione e disagio.
I rappresentanti sindacali di Filcams, Fisascat e Uiltucs – Carla Tatti, Gabriele Goller e Stefano Picchetti – denunciano con amarezza il silenzio e l’evasività dimostrati, sottolineando come la notizia della chiusura sia giunta attraverso i media e i pettegolezzi interni, anziché attraverso canali istituzionali.
La situazione non riguarda solamente la perdita di un’opportunità lavorativa.
Essa incide direttamente sulla stabilità economica e sociale di intere famiglie, portando con sé il rischio di difficoltà finanziarie e disagi sociali significativi.
Il disinteresse apparente dell’Azienda Sanitaria, che si limita a rimandare la responsabilità sull’appaltatore, appare inaccettabile e contrasta con il dovere di tutela dei propri dipendenti, anche se in appalto.
La riorganizzazione del servizio di ristorazione, con la delocalizzazione della preparazione dei pasti al di fuori dell’ospedale, solleva ulteriori interrogativi.
È plausibile che le competenze e le mansioni attualmente svolte dal personale di cucina vengano riallocate, forse a carico delle stesse addette alla lavanderia, generando una potenziale perdita di posti di lavoro e una riqualificazione forzata.
Questo episodio si inserisce in una tendenza allarmante, già riscontrata in precedenti situazioni come la gestione del lavaggio delle divise all’ospedale di Tione, dove l’Azienda sembra abbandonare ogni responsabilità una volta delegato il servizio a terzi.
Una gestione del genere, priva di vigilanza e controllo, si rivela profondamente insostenibile e iniqua.
I sindacati Filcams, Fisascat e Uiltucs rivendicano con fermezza una piena trasparenza e chiarezza sul futuro delle lavoratrici, esigendo che l’Azienda Sanitaria si assuma la responsabilità di garantire una soluzione che tuteli i loro diritti e la loro dignità professionale, evitando un impatto sociale devastante.
La questione non è meramente economica, ma riguarda il rispetto dei valori fondamentali di equità, solidarietà e giustizia sociale.
È necessario un piano di reinserimento e formazione che permetta alle lavoratrici di affrontare questa transizione con dignità e sicurezza.