La vicenda delle forniture di dispositivi di protezione individuale (DPI) provenienti dalla Cina, oggetto di un’indagine condotta dalla Corte dei Conti di Bolzano, solleva questioni complesse riguardanti la gestione dell’emergenza sanitaria e la responsabilità pubblica in un contesto di crisi.
L’inchiesta, nata dalle iniziali difficoltà operative e dalle successive contestazioni sulla qualità del materiale acquistato, ha visto l’accoglimento parziale delle argomentazioni avanzate dalla Procura regionale, mettendo in luce aspetti critici nella procedura di approvvigionamento e nell’utilizzo di risorse pubbliche.
L’episodio si inserisce in un quadro più ampio di interventi urgenti adottati dalle strutture sanitarie italiane durante le prime fasi della pandemia da Covid-19, quando la carenza di DPI si configurava come una sfida prioritaria.
In questa situazione, l’Azienda Sanitaria Altoatesina (ASL) si è rivolta al gruppo Oberalp per l’importazione di mascherine dalla Cina, una scelta dettata dall’imperiosa necessità di garantire la sicurezza del personale sanitario e dei cittadini.
La Corte dei Conti ha esaminato attentamente le dinamiche dell’evento, valutando la condotta dei soggetti coinvolti e verificando l’esistenza di elementi che possano configurare responsabilità a carico dei dirigenti dell’ASL.
Pur rigettando la richiesta di risarcimento pecuniario nei confronti di Florian Zerzer e Enrico Wegher, ex direttori generali e amministrativi dell’ASL, i giudici hanno rilevato una mancanza di elementi probanti che possano accertare la sussistenza di dolo, di un vantaggio personale o di una commistione con interessi privati.
Questa decisione evidenzia la difficoltà di attribuire responsabilità penali in situazioni di emergenza, dove le decisioni vengono prese in un contesto di forte pressione e incertezza.
Tuttavia, la Corte dei Conti ha accolto la tesi dell’accusa in merito all’esecuzione dei test Dekra, effettuati tra maggio e giugno 2020, successivamente alla dichiarazione di inutilizzabilità dei DPI da parte dell’INAIL.
La decisione dei giudici sottolinea come tali test, presentati come garanzia di qualità, fossero in realtà finalizzati a celare le responsabilità dei vertici dell’ASL e del responsabile dell’unità Covid, Patrick Franzoni.
A questi ultimi è stato riconosciuto il dolo eventuale, implicando la consapevolezza del rischio di conseguenze negative derivanti dalle loro azioni.
La sentenza, unitamente alle richieste di risarcimento pecuniario, solleva interrogativi sul ruolo dei certificatori indipendenti e sulla necessità di una maggiore trasparenza nei processi di verifica della conformità dei prodotti importati.
Inoltre, la condanna di Franzoni per assenteismo e danno d’immagine, seppur contestata in sede penale, rappresenta un ulteriore elemento di riflessione sulla necessità di un comportamento impeccabile da parte dei funzionari pubblici, soprattutto in contesti delicati come quello dell’emergenza sanitaria.
L’apertura del procedimento penale per frode nelle pubbliche forniture a carico di Zerzer, Franzoni, Christoph Engl (amministratore delegato di Oberalp) e del gruppo stesso, a responsabilità amministrativa, segna una fase successiva dell’indagine, che mira ad accertare la sussistenza di reati più gravi e a quantificare i danni economici causati all’erario.
Questo processo, unitamente alle decisioni della Corte dei Conti, dovrebbe contribuire a chiarire le responsabilità e a rafforzare i meccanismi di controllo e trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche, al fine di evitare che simili episodi si ripetano in futuro, specialmente in contesti di crisi che richiedono interventi rapidi e decisivi.
L’intera vicenda, dunque, si configura come un monito per il futuro, sottolineando l’importanza di una governance responsabile, di una vigilanza costante e di una rigorosa applicazione dei principi di legalità e trasparenza nell’ambito dell’amministrazione pubblica.







