L’audacia di sfidare l’Everest in una settimana, un’impresa che storicamente apparteneva al regno delle leggende alpinistiche, si è materializzata in una realtà controversa grazie all’agenzia di spedizioni di Lukas Furtenbach. Un gruppo di quattro manager britannici, appartenenti a una fascia socio-economica privilegiata, ha compiuto questa straordinaria, e per molti inaccettabile, spedizione, sollevando interrogativi etici e scientifici che vanno oltre la semplice performance sportiva.La sequenza temporale, quasi surreale, ha visto il team partire da Londra il 16 maggio, per poi raggiungere Kathmandu il giorno successivo. L’assenza di un periodo di acclimatamento progressivo, un elemento cruciale in qualsiasi tentativo di vetta sull’Everest, è stata compensata dall’impiego di xenon, un gas nobile con proprietà inaspettate nel contesto dell’alpinismo moderno. L’utilizzo di xenon, tradizionalmente impiegato in ambito anestesiologico, si basa sulla sua capacità di stimolare la produzione di eritropoietina (EPO), un ormone che favorisce la produzione di globuli rossi, migliorando l’ossigenazione dei tessuti e riducendo i tempi necessari per l’adattamento alle alte quote.L’itinerario è stato serrato: dal campo base, situato a 5.300 metri, al campo 2 (6.450 metri), poi al campo 3 e infine al campo 4, con la vetta raggiunta alle 7:03 del 21 maggio, a un’altitudine di 8.848 metri. La discesa, altrettanto rapida, li ha riportati al campo base il 22 maggio, per poi proseguire verso Kathmandu e Londra, dove l’atterraggio è avvenuto alle 6:15 del 23 maggio.Lukas Furtenbach, in difesa della propria iniziativa, sottolinea come l’utilizzo di xenon possa contribuire a mitigare i rischi associati alle patologie da mal di montagna, una piaga comune nelle spedizioni in alta quota. Tuttavia, la rapidità dell’impresa, l’impiego di una tecnologia ancora poco compresa e le implicazioni etiche sollevate dalla possibilità di un accesso privilegiato a risorse e trattamenti innovativi, hanno acceso un dibattito intenso nella comunità alpinistica internazionale.L’impresa, pur dimostrando la fattibilità di una scalata dell’Everest in tempi record, ha evidenziato la dipendenza da fattori esterni come le condizioni meteorologiche e, soprattutto, la necessità di una preparazione fisica ed alpinistica di altissimo livello per i partecipanti. Consapevole delle controversie e dei rischi connessi, Furtenbach ha annunciato l’intenzione di proporre, in futuro, spedizioni di durata doppia, consentendo un acclimatamento più graduale e riducendo l’impatto potenziale sulla salute dei partecipanti e sull’ambiente montano. L’evento pone, quindi, interrogativi profondi sul futuro dell’alpinismo, sull’etica dell’innovazione tecnologica e sull’equità nell’accesso alle risorse e alle opportunità in un contesto sempre più globalizzato e competitivo.
Everest in una settimana: l’impresa controversa e il futuro dell’alpinismo.
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