La città di Bolzano ha recentemente ospitato una solenne cerimonia in memoria di Giannantonio Manci, figura emblematica della resistenza italiana e un esempio di integrità morale di fronte all’oppressione. L’evento, tenutosi presso il Comando delle Truppe Alpine, ha ripercorso la vita di un uomo che incarnò il coraggio, l’impegno antifascista e la profonda passione per la libertà.Giannantonio Manci, insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare, fu molto più di un partigiano; fu un imprenditore lungimirante, un intellettuale impegnato e un leader riconosciuto nel panorama dell’antifascismo trentino. La sua storia è profondamente intrecciata con il complesso tessuto politico e sociale dell’Italia durante il ventennio e i tragici anni dell’occupazione tedesca.La sua formazione politica affonda le radici in una profonda riflessione sul ruolo dell’Italia nel contesto europeo. L’esperienza fiumana, condivisa con il fratello Sigismondo, lo portò a formulare una critica radicale al fascismo, che egli stesso definì una deviazione, una “contro-risorgimentale” inversione del percorso unitario e democratico che l’Italia avrebbe dovuto seguire. La sua fede repubblicana lo spinse ad agire concretamente, fondando, insieme ad altri esponenti dell’Associazione Nazionale Combattenti, il movimento “Italia Libera”, un’iniziativa ispirata all’eredità di Cesare Battisti, simbolo di resistenza e di aspirazione alla democrazia.Manci si distinse per il suo instancabile impegno nell’organizzazione di espatri clandestini, un’operazione delicata e rischiosa che permise a numerosi oppositori politici e alle loro famiglie di sfuggire alla persecuzione e trovare rifugio in territori più sicuri. La sua leadership si consolidò il 21 settembre 1943, quando assunse la presidenza del Comitato di Liberazione Nazionale del Trentino (CLN), un ruolo cruciale nell’orchestrare la resistenza e coordinare le attività clandestine.La sua esistenza fu bruscamente interrotta il 28 giugno 1944, in seguito all’arresto avvenuto per effetto della delazione di Fiore Lutterotti, una figura controversa che tradì la sua causa. Di fronte all’imminente pericolo di tortura e al rischio di compromettere la rete di resistenza che aveva contribuito a creare, Manci compì un gesto estremo: si tolse la vita, precipitando dal terzo piano del palazzo che ospitava la Gestapo, all’epoca sede dei nazifascisti.Questo atto, pur drammatico, fu un sacrificio calcolato per proteggere i suoi compagni e preservare l’integrità della lotta partigiana, impedendo lo smantellamento della capillare rete di resistenza che si era sviluppata nell’Alpenvorland, una regione cruciale a cavallo tra le province di Trento, Belluno e Bolzano. La sua memoria rimane un faro di ispirazione per le generazioni future, un monito contro l’oppressione e un invito a difendere i valori di libertà, democrazia e giustizia. La sua storia è un tassello fondamentale per comprendere la complessità e il coraggio della resistenza italiana.
Giannantonio Manci: Ricordato a Bolzano, un eroe della Resistenza.
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