venerdì, 18 Luglio 2025
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Restituiti reperti archeologici: un tesoro torna a Grecia, Egitto e Giordania.

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Nel corso di un’operazione complessa e articolata, culminata con la restituzione di un patrimonio culturale di inestimabile valore, i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Udine hanno restituito reperti archeologici alle Ambasciate di Grecia, Egitto e del Regno di Giordania.
Questa restituzione, frutto di un’indagine iniziata nel 2022, rivela un intricato intreccio tra passione collezionistica, eredità familiare e il mercato illecito dei beni culturali.

L’indagine, innescata da una denuncia di furto presso l’abitazione di un privato cittadino in provincia di Trento, ha subito una svolta inaspettata quando i Carabinieri TPC (Tutela Patrimonio Culturale) hanno notato la presenza di numerosi manufatti archeologici esposti come semplici oggetti d’arredo.

L’assenza di qualsiasi documentazione attestante la legittima proprietà ha immediatamente sollevato sospetti, innescando una serie di approfondimenti tecnici coordinati dalla Procura di Trento e con il supporto specialistico dell’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza della Provincia autonoma di Trento.
Queste analisi hanno confermato l’autenticità dei reperti e ne hanno tracciato le origini geografiche.

La cooperazione internazionale, cruciale in questa vicenda, si è concretizzata attraverso l’Ufficio di cooperazione internazionale del Comando TPC, che ha lavorato a stretto contatto con le ambasciate dei Paesi interessati.
Questo dialogo ha permesso di accertare la natura illecita dell’esportazione dei beni e di identificarne con precisione le radici culturali, riconducendoli a civiltà remote e significative.
Tra i reperti di particolare pregio spiccano una coppa megarese di età ellenistica, ornata con raffinate decorazioni a palmette, e una coppa riconducibile alla cultura Mamluk, caratterizzata da eleganti decorazioni a sgraffito.
Un elemento centrale della scoperta è rappresentato da un corredo di 15 elementi in terracotta, presumibilmente derivante da una sepoltura, che include unguentari di diverse misure, vasellame aperto e chiuso, e numerosi frammenti dipinti.

Questi manufatti, databili al 300 a.

C.
, provengono dal celebre sito archeologico di Petra, in Giordania, un luogo di inestimabile valore storico e culturale, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1985.

La loro presenza in un’abitazione privata in Italia solleva interrogativi sulla filiera del traffico illecito dei beni culturali.
Il Tribunale di Trento, accogliendo la richiesta dei Carabinieri TPC, ha disposto la restituzione dei reperti agli Stati di provenienza, riconoscendo l’assenza di responsabilità penale a carico del cittadino trentino.

L’indagine ha infatti rivelato che l’uomo, collaborativo durante l’intero procedimento, aveva ereditato i manufatti dal padre, un noto medico e letterato, appassionato collezionista che, durante i suoi viaggi, aveva acquisito questi “souvenir” di dubbia provenienza.
Questo caso sottolinea la complessa interazione tra passione collezionistica, eredità familiare e il delicato equilibrio tra la tutela del patrimonio culturale globale e il diritto individuale alla proprietà, evidenziando la necessità di una maggiore consapevolezza e vigilanza nella circolazione dei beni culturali.
La vicenda rappresenta un monito sull’importanza di tracciare l’origine dei manufatti e di combattere il traffico illegale di opere d’arte, garantendo che il patrimonio culturale appartenga all’intera umanità.

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