Il panorama della sanità in Alto Adige e Trentino, analizzato nell’ottavo Rapporto Gimbe, rivela dinamiche complesse che richiedono un’attenta disamina.
Sebbene la rinuncia alle cure sia generalmente più contenuta rispetto alla media nazionale (5,3% in Alto Adige contro il 9,9% nazionale e 7,4% in Trentino), si osserva un incremento preoccupante: 0,2 punti percentuali in Alto Adige e ben 2 punti percentuali in Trentino rispetto al 2023, suggerendo un’erosione della fiducia nel sistema o difficoltà di accesso ai servizi.
L’analisi dei finanziamenti per sanità (Fsn) mette in luce un paradosso.
Nel 2023, l’Alto Adige ha visto un aumento di 39 euro pro capite, mentre il Trentino ne ha registrato uno di 48, ma entrambi rimangono significativamente al di sotto della media nazionale di 71 euro.
Questa discrepanza, unita all’aumento della rinuncia alle cure, solleva interrogativi sulla reale capacità di questi finanziamenti a garantire un’offerta sanitaria adeguata e accessibile a tutti i cittadini.
È cruciale comprendere se l’incremento dei fondi si traduca effettivamente in miglioramento della qualità e dell’estensione dei servizi offerti, o se si disperda in inefficienze strutturali.
Un elemento di forza distintiva di queste regioni è la disponibilità di personale sanitario.
L’Alto Adige vanta un elevato numero di professionisti (17,5 unità ogni 1.000 abitanti), con un rapporto medici-infermieri particolarmente favorevole (3,26), superiore alla media nazionale.
Anche il Trentino, con 15,5 unità ogni 1.000 abitanti, presenta dati incoraggianti.
Tuttavia, la mera quantità di personale non garantisce un’efficace erogazione di servizi.
È fondamentale valutare la distribuzione geografica, la specializzazione e la capacità di questi professionisti di rispondere ai bisogni specifici della popolazione.
La transizione verso un sistema sanitario territoriale, accelerata anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), mostra risultati contrastanti.
In Alto Adige, la programmazione ambiziosa di Case di Comunità e Ospedali di Comunità si scontra con una realtà di totale immobilismo al 30 giugno 2025: nessuna Casa di Comunità ha avviato servizi, e nessun Ospedale di Comunità è operativo.
In Trentino, sebbene si osservi un’attivazione parziale delle Case di Comunità (solo due su dodici hanno iniziato servizi), la situazione relativa alle Centrali operative territoriali appare più positiva, con il 100% pienamente funzionante.
L’assenza di medici e infermieri in una delle Case di Comunità trentine solleva ulteriori preoccupazioni sulla sostenibilità e la qualità dell’offerta.
L’implementazione del PNRR, con la sua enfasi sulla prossimità e sull’integrazione dei servizi, appare quindi bloccata in Alto Adige e parzialmente critica in Trentino.
Il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati non solo compromette l’efficacia del PNRR, ma rischia di ampliare il divario tra le regioni più virtuose e quelle in difficoltà.
È imperativo che le amministrazioni provinciali conducano un’analisi approfondita delle cause di questi rallentamenti, che potrebbero essere legate a complessità burocratiche, carenza di risorse umane o difficoltà nell’integrazione tra i diversi livelli di assistenza.
Il futuro della sanità in queste regioni dipende dalla capacità di tradurre le ambizioni programmatiche in azioni concrete, garantendo ai cittadini un accesso equo a cure di qualità.








