La montagna, maestra severa e inappellabile, ha reclamato una nuova vittima.
Un giovane alpinista trentaseienne, originario di Montebelluna (Treviso), ha perso la vita in un tragico incidente avvenuto sulle impervie pareti della Torre meridionale delle Torri di Neva, un complesso roccioso che segna il confine naturale tra le province di Belluno e Trento.
La tragedia, consumatasi nel primo pomeriggio, ha scosso la comunità alpinistica e le famiglie coinvolte, ponendo l’ennesima volta l’attenzione sui rischi intrinseci e imprevedibili dell’arrampicata su roccia.
L’allarme è giunto alla Centrale del Suem di Pieve di Cadore poco dopo le 13:15.
Il compagno di cordata, legato alla vittima in una configurazione di arrampicata che prevedeva la presenza di uno scalatore in sosta a terra, ha assistito inorridito al precipitare dell’amico, descrivendo un movimento improvviso e inatteso a un tratto particolarmente esposto della via “Via dei Pacifici”.
La rapidità con cui la notizia si è propagata ha attivato un complesso meccanismo di soccorso, coordinato tra le centrali di Pieve di Cadore e Trento, che ha visto impegnati l’elisoccorso e il Soccorso alpino di Feltre.
L’equipaggio dell’elicottero, giunto sul posto, ha immediatamente percepito la gravità della situazione.
La parete rocciosa, verticale e priva di vie di accesso semplici, rendeva ogni manovra estremamente delicata e rischiosa.
Con l’utilizzo di un verricello da 40 metri, la prima operazione è stata quella di recuperare il compagno di cordata, ancora bloccato in sosta, in stato di shock.
Le sue prime parole, un racconto frammentato e doloroso, hanno contribuito a ricostruire l’accaduto: la vittima, impegnata in una sezione più complessa della via, aveva improvvisamente perso l’equilibrio, precipitando per un tratto visibile, per poi sparire alla sua vista.
Il compagno è stato stabilizzato e trasferito al Rifugio Boz, dove un’infermiera ha potuto fornirgli le prime cure.
Nel frattempo, l’elicottero è ripartito per la seconda, cruciale operazione: il recupero del corpo.
La caduta, stimata in circa ottanta metri, aveva lasciato l’alpinista privo di vita, aggrappato alla corda che lo legava alla parete.
Le operazioni di recupero, eseguite con estrema cautela, hanno visto il personale del soccorso impegnato in un lavoro pericoloso e delicato.
Una volta a terra, la salma è stata trasportata al campo base e successivamente affidata ai Carabinieri, che hanno provveduto a trasferirla alla caserma dei Vigili del fuoco di Mezzano (Trento) per le indagini necessarie a chiarire le cause dell’incidente.
L’episodio riaccende il dibattito sull’importanza della preparazione, dell’esperienza e della valutazione accurata dei rischi nell’alpinismo, ricordando che la montagna, pur offrendo panorami mozzafiato e intense emozioni, non perdona l’imprudenza e l’eccessiva fiducia nelle proprie capacità.
La perdita di un giovane alpinista lascia un vuoto incolmabile e un monito per tutti coloro che amano sfidare le pareti rocciose.







