Un’indagine complessa sul benessere animale in Trentino: il GIP ribalta l’archiviazione e apre nuove prospettiveUna significativa svolta si è verificata nell’indagine riguardante i presunti maltrattamenti animali perpetrati in alcune malghe trentine, sollevata dalle segnalazioni e dalle immagini documentate dai volontari dello Sportello Lav di Trento.
Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Trento, in seguito a un’udienza tenutasi il 1° ottobre 2025, ha accolto l’opposizione presentata da Lav contro la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero, una decisione che riapre la strada a un processo penale.
Il fulcro della controversia risiede nell’interpretazione delle prove presentate.
Le immagini raccolte dai volontari Lav, allegate alla denuncia, contengono elementi che, a giudizio del GIP, risultano sufficienti a sostenere le ipotesi di reato iniziali, confutando la tesi del pm che le presunte violenze fossero una conseguenza inevitabile della gestione di un gregge numeroso e dei rischi connessi alla movimentazione del bestiame.
Tale interpretazione, avanzata dal pm, suggeriva che i presunti abusi fossero incidentali e riconducibili alla mera difficoltà di controllo di un numero elevato di capi.
“Siamo profondamente soddisfatti di questa decisione, che sovverte l’interpretazione del Pubblico Ministero e dimostra l’importanza di un’analisi approfondita delle prove,” dichiara Annarita D’Errico, avvocato e responsabile nazionale degli Sportelli Lav contro i maltrattamenti sugli animali.
L’associazione si è costituita parte civile e auspica ora che il Tribunale, chiamato a giudicare i pastori, possa accertare una responsabilità penale.
Parallelamente, la vicenda ha coinvolto anche i proprietari dell’azienda agricola, indagati per maltrattamento per omissione e uccisione per omissione.
La loro posizione si è risolta con una sentenza di patteggiamento, che prevedeva una pena di 7 mesi di reclusione, la confisca dell’intero gregge e una sospensione dell’attività commerciale di 4 mesi.
Tuttavia, i proprietari hanno presentato ricorso in Cassazione, che è stato dichiarato inammissibile.
La Corte di Cassazione ha sottolineato, in modo significativo, che i titolari dell’azienda agricola rimangono oggettivamente responsabili del benessere degli animali, indipendentemente dalle azioni dei dipendenti.
Questo principio fondamentale ribadisce l’obbligo di vigilanza e di gestione corretta, sottolineando che la responsabilità non può essere elusa delegando il compito a terzi.
La sentenza cassazione non solo conferma la responsabilità dei proprietari, ma sottolinea l’importanza di un sistema di controllo e supervisione efficace per garantire il rispetto del benessere animale.
L’intera vicenda solleva questioni cruciali riguardanti la responsabilità aziendale, la gestione del bestiame in ambienti montani, e il dovere di garantire standard di benessere animale che superino la mera prevenzione di lesioni fisiche, includendo una valutazione attenta delle condizioni ambientali e delle pratiche di gestione.
L’indagine, e le successive sentenze, rappresentano un punto di riferimento importante per il dibattito sul benessere animale e per l’evoluzione della normativa in materia.







