Il paradigma economico imperante, improntato a una visione utilitaristica che sacrifica la comunità sull’altare dell’efficienza e della massimizzazione del profitto, necessita di una profonda revisione.
Questa presa di coscienza, resa ancora più urgente e dolorosa dalla tragedia della Val di Stava, emerge con forza in occasione del 40° anniversario della catastrofe, come sottolineato dal prof.
Stefano Zamagni, figura di spicco nel panorama dell’Economia Politica bolognese.
La Val di Stava non è semplicemente un evento sismico o una frana; è un monito, un simbolo della fragilità intrinseca a un modello di sviluppo che ignora i limiti ecologici e sociali.
La tragedia rivela come la ricerca ossessiva del guadagno, spesso a scapito della sicurezza e del benessere collettivo, possa condurre a conseguenze devastanti e irreversibili.
L’estrazione mineraria, nel caso specifico, si è rivelata un’attività condotta senza un’adeguata valutazione dei rischi ambientali e con una scarsa considerazione per la tutela delle comunità locali.
Il ricordo di quegli eventi tragici impone un’analisi critica del concetto stesso di “progresso”.
Un progresso misurato unicamente in termini di crescita economica, senza considerare l’impatto ambientale, la distribuzione equa delle risorse e la qualità della vita, è un progresso incompleto e potenzialmente pericoloso.
Graziano Lucchi, presidente della Fondazione Stava 1985, ha esplicitamente richiamato l’urgenza di costruire relazioni umane nuove e più responsabili, capaci di prevenire il ripetersi di comportamenti simili che hanno generato la catastrofe.
Questa necessità di un cambiamento profondo non riguarda solo le politiche ambientali e la regolamentazione delle attività estrattive, ma anche la cultura economica dominante.
È fondamentale promuovere una nuova etica del lavoro, basata sulla sostenibilità, sulla solidarietà e sulla responsabilità verso le generazioni future.
Il gesto simbolico compiuto dalla Fondazione Stava, ovvero l’omaggio al Presidente Sergio Mattarella con una scultura realizzata dalla Scuola del legno di Tesero, sottolinea questa visione.
La presenza della “goccia” di fluorite, minerale protagonista della tragedia, rappresenta un costante richiamo alla memoria e un invito a non dimenticare le lezioni apprese.
Questa piccola scultura, nata dall’ingegno e dall’abilità artigianale, incarna la speranza di un futuro più consapevole e rispettoso dell’ambiente e della comunità.
Il gesto, più che una celebrazione, è un impegno verso un futuro dove la prevenzione e la responsabilità siano i pilastri di ogni azione economica.