L’annuncio del nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034, delineato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, solleva un’ombra profonda sul futuro delle aree montane italiane e, più in generale, europee.
La prevista contrazione della Politica Agricola Comune (PAC), con una riduzione stimata attorno al 30%, rappresenta una cesura che rischia di innescare una spirale di conseguenze devastanti per un patrimonio di inestimabile valore.
L’agricoltura montana, intrinsecamente vulnerabile a causa delle condizioni ambientali avverse e della morfologia del territorio, si trova ora sull’orlo di una crisi esistenziale.
La sua resilienza, forgiata da secoli di tradizione e ingegno, è messa a dura prova da una decisione che nega il sostegno necessario per la sua sopravvivenza.
Non si tratta semplicemente di un problema economico, ma di una questione di identità, di cultura e di tutela ambientale.
L’abbandono dell’agricoltura di montagna non implica solo la perdita di posti di lavoro e di reddito per le comunità locali, ma la graduale desertificazione di intere aree, con un impatto drammatico sulla biodiversità e sulla stabilità del territorio.
Le aziende agricole montane, spesso piccole e a conduzione familiare, svolgono un ruolo cruciale nel prevenire il dissesto idrogeologico, nel preservare i paesaggi tradizionali e nel mantenere viva la diversità genetica delle colture e degli allevamenti autoctoni.
La riduzione delle risorse destinate alla PAC, in questo contesto, si traduce in una perdita di opportunità per investire in pratiche agricole sostenibili, per migliorare l’efficienza delle aziende e per promuovere la valorizzazione dei prodotti tipici.
Si tratta di un vero e proprio autolesionismo, che compromette la capacità dell’Europa di affrontare le sfide ambientali e alimentari del futuro.
La decisione della Commissione Europea rischia di erodere la coesione sociale ed economica del continente, accentuando i divari tra le aree urbane e le aree marginali.
Il Presidente di Cia Trentino, Paolo Calovi, ha espresso con chiarezza la gravità della situazione, sottolineando che il danno derivante da questa politica potrebbe essere irreversibile non solo per gli agricoltori, ma per l’intera collettività.
È imperativo, pertanto, un ripensamento radicale di questa strategia, riconoscendo il ruolo strategico dell’agricoltura montana come pilastro fondamentale per la sicurezza alimentare, la tutela del territorio e la salvaguardia del nostro patrimonio culturale.
La resilienza europea dipende anche dalla capacità di sostenere chi, con fatica e dedizione, continua a coltivare la nostra terra.