La recente manovra finanziaria presentata dalla Giunta provinciale trentina, con particolare riferimento al capitolo dedicato alla sanità e all’assistenza, solleva critiche di portata significativa da parte dello Spi Cgil, guidato dalla segretaria generale Claudia Loro.
La manovra, definita “gravemente insufficiente”, rischia di acuire le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari e di compromettere la tenuta di un sistema già sotto pressione.
I dati recenti, elaborati dal rapporto Gimbe, dipingono un quadro preoccupante: circa 27.
000 residenti in Trentino sono costretti a rinunciare alle cure necessarie, impantanati in un labirinto di costi proibitivi per prestazioni al di fuori del sistema pubblico e liste d’attesa sempre più dilatate.
Nonostante le rivendicazioni dell’assessore Tonina, che sottolinea progressi parziali, la realtà sul campo appare distante da un’effettiva e concreta miglioramento.
L’esclusione di ingenti risorse destinate al personale sanitario, sebbene necessaria, amplifica la percezione di una manovra ridotta all’osso, in un contesto di avanzo di bilancio che potrebbe essere utilizzato per mitigare l’impatto sulle fasce più vulnerabili della popolazione.
Un nodo particolarmente delicato riguarda l’incremento delle rette nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), previsto per il 2025.
Questa decisione, in un contesto di risorse economiche abbondanti, appare inspiegabile e penalizza anziani e famiglie che già faticano a sostenere oneri elevati.
Lo Spi Cgil suggerisce, con acume, una revisione profonda della questione, proponendo una sterilizzazione totale o parziale degli aumenti, oppure un approccio ancora più innovativo: ampliare l’elenco delle patologie che danno diritto alla gratuità della retta alberghiera o, idealmente, una riforma tariffaria che tenga conto della gravità clinica del residente, superando la mera valutazione basata sul numero di posti letto.
Un’azione di tale portata denoterebbe lungimiranza e una reale attenzione ai bisogni dei soggetti più fragili.
Si rileva inoltre che la spesa sanitaria trentina, sebbene leggermente superiore alla media nazionale (6,9% rispetto al 6,4%), rimane indietro rispetto ai modelli europei più efficienti.
Questo divario impone una riflessione profonda sulla capacità di ottimizzazione delle risorse e sull’adozione di strategie innovative per migliorare l’efficacia del sistema sanitario.
Parallelamente, permane un senso di stallo nella riforma della medicina territoriale, strettamente legata all’implementazione dei fondi Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Il piano prevede la realizzazione di dieci case comunità, tre ospedali di comunità e una rete di cure domiciliari.
Tuttavia, sussiste il rischio concreto di creare infrastrutture inutilizzate, a causa di una visione carente sull’integrazione necessaria tra i settori sanitario, sociosanitario e assistenziale.
Non si tratta di costruire semplici presidi prescrittivi, ma di sviluppare équipe multidisciplinari capaci di valutare in maniera olistica i bisogni del paziente.
In questa prospettiva, si rende cruciale una ridefinizione del ruolo del medico di medicina generale, che deve assumere un ruolo centrale nella gestione della continuità assistenziale.
L’incremento dei compensi per i medici di famiglia, sebbene un primo passo positivo, non è sufficiente.
È necessario ripensare la loro funzione, estendendola alla redazione di piani assistenziali individualizzati e alla gestione di problematiche che attualmente gravano sui pronto soccorso (codici bianchi e verdi).
La discussione in Aula, auspica la segretaria Loro, potrebbe offrire un’opportunità per introdurre correttivi e per orientare la politica sanitaria trentina verso un modello più equo, efficiente e centrato sul paziente.