La recente pronuncia della Corte Costituzionale ha segnato un punto di svolta nell’interpretazione e nell’applicazione del principio del limite a tre mandati consecutivi, estendendone la portata anche a figure apicali delle autonomie speciali, in particolare il Presidente della Provincia Autonoma di Trento e i Presidenti delle Regioni Autonome Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta eletti direttamente dal corpo elettorale.
Questa decisione, lungi dall’essere una mera questione di tecnicismo costituzionale, rientra in un più ampio dibattito riguardante l’equilibrio tra l’autonomia statutaria delle regioni a statuto speciale e i principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano.
Il principio del limite a tre mandati, infatti, non si configura come una semplice restrizione della possibilità di candidarsi, ma come un meccanismo cruciale per la garanzia della dialettica democratica, la rotazione delle élite politiche e la prevenzione di derive autoritarie, principi cardine del sistema costituzionale italiano.
La sentenza ha chiarito che il divieto del terzo mandato, consolidatosi come principio generale dell’ordinamento giuridico, trascende la sfera del legislatore ordinario e si impone anche all’esercizio della potestà legislativa primaria attribuita alle autonomie speciali.
Questo significa che, pur in presenza di statuti autonomi che potrebbero prevedere disposizioni diverse, la Costituzione impone la conformazione a questo principio fondamentale.
L’autonomia statutaria, sebbene ampia e significativa, non può ergersi a baluardo contro i principi generali dell’ordinamento costituzionale, che irradiano la loro forza vincolante su tutti i poteri dello Stato, inclusi quelli esercitati dalle regioni speciali.
L’azione di indirizzo e controllo esercitata dal Governo, attraverso il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha impugnato le norme ritenute contrastanti, testimonia la sua funzione di garante del rispetto della Costituzione e dei suoi principi, anche in relazione alle peculiarità delle autonomie regionali.
La decisione della Corte Costituzionale conferma, quindi, che la ricerca di un equilibrio tra l’autonomia regionale e l’unità del sistema costituzionale è un processo continuo e dinamico, che richiede una costante interpretazione e applicazione dei principi fondamentali della Repubblica.
La pronuncia ha implicazioni significative per il futuro della governance delle regioni a statuto speciale, invitando a una riflessione più ampia sulle modalità di esercizio del potere politico e sulla necessità di garantire la partecipazione democratica e la prevenzione dei rischi legati alla concentrazione di potere in capo a una singola persona.







