Il gesto di un gruppo di giocatrici italiane, dopo l’onore di un incontro con il Presidente della Repubblica, ha innescato una riflessione profonda, ben al di là dei convenevoli di circostanza.
L’apprezzamento ricevuto non si è limitato a un semplice riconoscimento per il percorso compiuto, ma ha rivelato una sensibilità particolare, un impegno concreto verso l’inclusione e la parità.
Queste atlete, custodi di un’identità sportiva nazionale, si battono affinché il talento di ogni compagna, indipendentemente dalle origini familiari – e spesso, queste origini sono il frutto della migrazione – sia celebrato con lo stesso fervore e la stessa dignità.
Un desiderio che permea l’intero gruppo, testimoniando una coesione che va oltre le differenze individuali e abbraccia un ideale di equità.
In un contesto dove spesso lo sport viene strumentalizzato e politicizzato, sentii doveroso, di fronte a una figura istituzionale come il Presidente Mattarella, che incarna la neutralità e la rappresentanza di ogni cittadino, esprimere questa consapevolezza.
Ogni individuo, incluso me, è intessuto da una molteplicità di influenze culturali, sociali ed esperienziali, e riconoscere la complessità di queste influenze è un atto di onestà intellettuale e un passo fondamentale verso la comprensione reciproca.
Il concetto di “nazionale” trascende la semplice aggregazione dei migliori interpreti di una disciplina sportiva.
Una squadra nazionale è un organismo complesso, composto da individui scelti non solo per le loro capacità tecniche, ma soprattutto per il ruolo specifico che sono in grado di svolgere all’interno di un sistema più ampio.
La composizione di una nazionale è un esercizio di equilibrio, un’arte di combinare talenti diversi per raggiungere un obiettivo comune.
Spesso, si invoca lo “spirito di squadra” come un imperativo categorico, un valore assoluto da perseguire a tutti i costi.
Tuttavia, questa esortazione rischia di cadere in un’utopia irrealizzabile, un modello che raramente si traduce in una realtà concreta, nemmeno all’interno delle dinamiche familiari.
L’immagine della famiglia unita e affettuosa, proiettata su di noi durante le vittorie, è un’idealizzazione che svanisce rapidamente.
La realtà delle relazioni familiari è spesso caratterizzata da tensioni, incomprensioni e conflitti, e questa realtà non è diversa da quella che si manifesta all’interno di qualsiasi gruppo umano, anche sportivo.
La percezione di una famiglia ideale, evocata durante il trionfo, è una costruzione artificiale, un artificio retorico che serve a esaltare il momento di gioia collettiva.
L’illusione svanisce presto, lasciando spazio alle dinamiche quotidiane, spesso meno idilliache.
L’entusiasmo di una vittoria è effimero, come la magia del giorno di Natale.