L’imponente scheletro di una balenottera comune, recuperato dalle coste di Muggia e preparato per la musealizzazione, offre ora un’eccezionale opportunità di apprendimento e scoperta per visitatori di tutte le età durante la Barcolana di Trieste.
L’esemplare, un colosso di circa undici metri, si erge nello stand Deep Blue, in piazza Unità d’Italia, testimoniando la maestosità e la vulnerabilità di questi giganti marini.
La storia di questo individuo, tragicamente ritrovato spiaggiato, è intrisa di una complessa operazione scientifica e di tutela ambientale.
Dopo il suo ritrovamento a Porto San Rocco, nel triestino golfo, la carcassa non fu immediatamente rimossa.
Al contrario, fu deliberatamente affondata nelle acque protette dell’Area Marina di Miramare.
Questa scelta, lungi dall’essere casuale, fu dettata dalla necessità di permettere una decomposizione naturale controllata, processo cruciale per la successiva preparazione dello scheletro per la mostra.
Le fasi di questo processo, attentamente monitorate e documentate dagli esperti dell’area marina, hanno permesso di minimizzare i danni e massimizzare la preservazione delle ossa.
Il Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università di Padova ha poi curato la laboriosa opera di pulizia e trattamento dello scheletro, un intervento che ha richiesto competenze specialistiche in paleontologia, zoologia e conservazione del patrimonio culturale.
Il risultato è un manufatto scientifico di grande valore, che offre una finestra unica sull’anatomia e la fisiologia della specie *Balaenoptera physalus*.
L’esposizione non si limita a una semplice presentazione scheletrica.
Pannelli informativi, concepiti per un pubblico ampio, illustrano la biologia della balenottera comune, le sue abitudini migratorie, la sua importanza nell’ecosistema marino e le minacce che la affliggono.
Un fumetto dedicato, pensato appositamente per i bambini, stimola la curiosità e l’interesse verso questi affascinanti cetacei, offrendo al pubblico più giovane la possibilità di partecipare attivamente, proponendo persino un nome per l’esemplare.
Nonostante gli sforzi per comprendere le cause della morte, il mistero rimane.
Si tratta di un individuo molto giovane, stimato attorno ai sette mesi di età, il che suggerisce che potrebbe essere stato vittima di eventi traumatici o di condizioni ambientali sfavorevoli.
La sua morte è un triste monito sull’impatto dell’attività umana sull’ambiente marino, un invito alla riflessione e all’azione per la protezione di questi magnifici animali e dell’habitat che li sostiene.
L’esposizione rappresenta quindi, oltre che una celebrazione della vita, un appello alla responsabilità e alla salvaguardia del nostro pianeta.






