Il caso che coinvolge la scomparsa di Alessandro Venier continua a dipanarsi attraverso una complessa rete di comunicazioni, decisioni legali e indagini forensi, delineando un quadro di profonda sofferenza e incertezza.
Mailyn Castro Monsalvo, detenuta presso l’Istituto a custodia attenuata di Venezia, ha formalmente richiesto, in un collegamento video con il Tribunale dei minori di Trieste, che la figlia, nata dalla relazione con la vittima, sia affidata alla madre colombiana.
Questa richiesta, che riflette presumibilmente un tentativo di ricostruire un legame familiare interrotto dalla tragedia, è ora in fase di valutazione da parte delle autorità giudiziarie, con una decisione attesa nei prossimi giorni.
Nel frattempo, la bambina, di soli sei mesi, è accudita in una struttura specializzata a Gemona (Udine), designata dai Servizi sociali, al fine di garantirle un ambiente sicuro e adeguato.
Lorena Venier, anch’essa detenuta nel carcere femminile del Coroneo a Trieste, ha mantenuto contatti epistolari con familiari e colleghi, comunicazioni che il suo avvocato ha ritenuto opportuno esaminare attentamente, probabilmente alla ricerca di elementi utili per la ricostruzione degli eventi e per la difesa della sua assistita.
Queste lettere rappresentano un tentativo di dare voce a una versione dei fatti che emerge dalla complessità della situazione e che potrebbe portare a nuove interpretazioni dei fatti.
Le indagini, guidate dagli investigatori del Reparto Investigazioni Scientifiche dell’Arma dei Carabinieri di Udine, proseguono con la programmazione di un nuovo sopralluogo, previsto per venerdì.
L’obiettivo è confermare o smentire la confessione fornita dalla madre della vittima, un elemento cruciale per ricostruire la dinamica dell’omicidio e della successiva sezionamento del corpo.
La testimonianza della donna, se confermata, getta una luce inquietante sui presunti ruoli di madre e compagna nell’esecuzione del gesto estremo.
Il conferimento dell’incarico per l’autopsia, che si svolgerà martedì 12 agosto presso la Procura di Udine, rappresenta un passaggio imprescindibile per ottenere risposte definitive sulla causa della morte e per raccogliere ulteriori elementi probatori.
L’esame medico-legale, con la sua capacità di fornire dati oggettivi e scientifici, si prefigge di colmare le lacune informative e di restituire una narrazione più precisa e completa degli eventi che hanno portato alla scoperta del macabro ritrovamento nella villetta di Via Ca’ Bernardo.
L’attesa della perizia autoptica, pertanto, si protrae almeno fino alla settimana successiva, sottolineando la complessità e la delicatezza del caso, che impone una meticolosa analisi di ogni singolo dettaglio per garantire la giustizia e per fare luce sull’orrore che si è consumato.