Il caso del crollo del tetto della piscina terapeutica Acquamarina di Trieste si conclude con un esito inatteso: l’architetto Fausto Benussi e i suoi tre coimputati, Pietro Zara, Giuseppe Pulliero e Octavian Ignat, non dovranno rispondere di alcun reato.
La decisione, emessa dal giudice Giorgio Nicoli del Tribunale di Trieste, segna una svolta decisiva, trasformando l’iniziale accusa di disastro colposo in un reato di minore gravità, la rovina di edifici, che ha portato all’estinzione del procedimento per prescrizione.
La vicenda, che affonda le sue radici nel tragico evento del 29 luglio 2019, quando il crollo del tetto durante lavori di manutenzione sconvolse la città, aveva visto l’auspicata condanna a due anni e mezzo di reclusione per Benussi da parte della procuratrice Ilaria Iozzi, con richiesta di assoluzione per gli altri tre imputati.
L’accusa di disastro colposo, originariamente formulata dal sostituto procuratore Pietro Montrone, si basava sulla presunta negligenza nella progettazione dell’impianto, che avrebbe portato all’errore fatale.
Tuttavia, la strategia difensiva, basata su una rigorosa riqualificazione giuridica del reato, si è rivelata vincente.
Gli avvocati, durante le arringhe finali, non solo hanno contestato in profondità le accuse specifiche, sostenendo l’innocenza dei loro assistiti, ma hanno anche sollevato un’eccezione cruciale: la necessità di reinterpretare il reato come “rovina di edifici”.
Questa riqualificazione ha avuto conseguenze dirette sulla prescrizione, riducendo drasticamente il termine e determinando l’estinzione del procedimento.
La decisione del giudice Nicoli evidenzia la complessità delle questioni tecniche e giuridiche coinvolte in questo caso, che coinvolge principi di progettazione strutturale, responsabilità professionale e interpretazione delle normative edilizie.
La scelta di riqualificare il reato, inoltre, apre un dibattito più ampio sulla corretta qualificazione delle fattispecie criminose in ambito edilizio e sulle conseguenze che ne derivano per i professionisti coinvolti.
L’attesa delle motivazioni della sentenza, previste entro novanta giorni, sarà fondamentale per comprendere appieno le ragioni che hanno portato il giudice a questa decisione e per analizzare nel dettaglio l’impatto di questa sentenza sul futuro delle responsabilità in caso di crolli e malfunzionamenti di strutture edilizie.
Il caso Acquamarina rappresenta dunque un precedente significativo che potrebbe influenzare l’interpretazione e l’applicazione delle leggi in materia di sicurezza e responsabilità professionale nel settore delle costruzioni.








