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giovedì 6 Novembre 2025

Escursionisti dispersi in Friuli: ritrovati dopo ricerche complesse

La scomparsa di due giovani escursionisti statunitensi, una donna di ventitré anni e un uomo di ventiquattro, ha scosso la comunità montana friulana.
La loro assenza, segnalata ieri sera in seguito alla mancata presenza al Rifugio Pordenone, ha innescato una complessa operazione di ricerca e soccorso che ha visto il coinvolgimento di numerosi professionisti e risorse specializzate.

L’area interessata, un intricato mosaico di valli, creste e casere, è tipica del paesaggio dolomitico friulano, noto per la sua bellezza selvaggia e per le sue insidie.

La ricerca, inizialmente concentrata sui sentieri più battuti tra il Rifugio Flaiban Pacherini e la meta prefissata, si è poi estesa a zone secondarie e meno percorse, considerate potenziali deviazioni.
La complessità del terreno e l’estensione dell’area da setacciare hanno richiesto un approccio metodico e l’utilizzo di tecnologie avanzate.
L’impiego di un elicottero della Guardia di Finanza, equipaggiato con un sistema di rilevamento di segnali cellulari, purtroppo non ha portato a risultati immediati.

Questo suggerisce che i giovani potrebbero non aver avuto copertura telefonica o che i loro dispositivi erano spenti, rendendo più ardua la localizzazione.
Il ritrovamento, avvenuto all’interno di Casera Bregolina, a distanza considerevole dal percorso pianificato, solleva interrogativi sulle dinamiche della loro escursione.

L’aver pernottato la notte precedente in un’altra casera, e il successivo proseguimento verso il Rifugio Pordenone, indica un tentativo di proseguire il cammino nonostante la stanchezza.
La loro condizione, descritta come “molto stanca”, suggerisce che potrebbero aver sottovalutato le difficoltà del percorso o le proprie forze.

L’intervento coordinato di circa trenta soccorritori delle stazioni di Forni di Sopra e Valcellina del Soccorso alpino, supportati dai vigili del fuoco, testimonia la dedizione e la professionalità delle squadre di emergenza, chiamate ad operare in condizioni ambientali spesso impegnative.

Il trasferimento dei giovani al rifugio Giaf, dove avevano precedentemente dormito, ha permesso loro di ricevere assistenza medica e riposo, completando con successo un’operazione delicata e complessa, che ha rimesso al centro l’importanza della preparazione, della prudenza e del rispetto per l’ambiente montano.

Il caso offre spunti di riflessione sull’efficacia delle tecniche di ricerca in aree impervie e sull’adeguata pianificazione di escursioni in alta quota.

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