venerdì 5 Settembre 2025
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Fincantieri condannata: un monito sull’amianto e la giustizia per le vittime.

La recente sentenza del Tribunale di Gorizia, che condanna Fincantieri al risarcimento di un milione di euro ai familiari di un operaio deceduto a seguito di mesotelioma pleurico, non è solo una vittoria legale, ma un monito severo e un campanello d’allarme per l’Italia.

La decisione, che riconosce un nesso causale inequivocabile tra l’esposizione professionale all’amianto e la malattia fatale, solleva interrogativi profondi sulla responsabilità aziendale, la prevenzione dei rischi sul lavoro e la persistente emergenza sanitaria legata a questa sostanza letale.
La vicenda, che coinvolge un operaio di oltre settant’anni, testimonia l’eredità devastante di decenni di esposizione all’amianto nei cantieri navali, come quello di Monfalcone, dove l’utilizzo incontrollato di materiali contenenti fibre killer ha lasciato una scia di sofferenza e morte.
La sentenza del Tribunale di Gorizia sottolinea come Fincantieri non sia riuscita a dimostrare l’adozione di misure tecniche e organizzative adeguate per proteggere i propri dipendenti, evidenziando una carenza di vigilanza nell’uso dei dispositivi di protezione individuale e l’assenza di strategie di contenimento delle lavorazioni più pericolose.

L’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), in accordo con la decisione giudiziaria, esprime la profonda convinzione che l’amianto continui a mietere vittime in Italia.

Le stime parlano di oltre sette mila decessi annuali imputabili a patologie asbesto-correlate, tra cui il mesotelioma, un tumore particolarmente aggressivo e spesso diagnosticato in fase avanzata, e altre malattie respiratorie croniche come l’asbestosi.
Queste cifre, spaventosamente elevate, riflettono l’impatto cumulativo di esposizioni prolungate avvenute non solo in contesti industriali, come i cantieri navali e le fabbriche, ma anche in edifici pubblici e residenziali, dove l’amianto è stato ampiamente utilizzato in passato.
Il mesotelioma, in particolare, rappresenta una sfida clinica complessa e dolorosa, spesso associata a una prognosi infausta.

La sua latenza, che può estendersi anche per decenni dopo l’esposizione, rende difficile l’identificazione del momento in cui l’amianto ha iniziato a danneggiare l’organismo.

La sentenza di Gorizia, dunque, non è solo una questione di risarcimento economico, ma anche un potente stimolo per rafforzare le politiche di prevenzione, di monitoraggio sanitario e di bonifica dei materiali contenenti amianto presenti sul territorio nazionale.
L’amianto, definito dall’ONA come la più grande emergenza ambientale e sanitaria del Paese, richiede un impegno costante e coordinato da parte delle istituzioni, delle imprese e della società civile.

La sentenza di Gorizia, con la sua chiarezza e la sua determinazione, ci ricorda che la giustizia per le vittime dell’amianto è un dovere morale e una necessità imprescindibile per costruire un futuro più sicuro e sano per tutti.
È imperativo intensificare gli sforzi per eradicare definitivamente questa minaccia invisibile, tutelando la salute dei lavoratori e delle generazioni future.

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