La furia della natura si è abbattuta sull’arco alpino-carsico con una violenza inaudita, lasciando dietro di sé una scia di devastazione che ha colpito duramente le comunità locali.
L’evento meteorologico estremo, con epicentro a Brazzano di Cormons, in provincia di Gorizia, ha scatenato una frana che ha inghiottito un’abitazione, generando una drammatica emergenza con due persone ancora scomparse e le cui sorti appaiono incerte.
Il territorio, già fragile a causa della sua conformazione geologica, si è trasformato in un paesaggio spettrale, con fiumi fuori argine, strade impraticabili e intere aree agricole sommerse.
L’impatto emotivo è amplificato dalla perdita di beni materiali e dalla paura per la sicurezza dei residenti, costretti ad abbandonare le proprie case.
La precarietà del nostro rapporto con l’ambiente si è manifestata con particolare drammaticità nel ristorante stellato “L’Argine”, situato a Dolegna del Collio e guidato dalla rinomata chef Antonia Klugmann, giudice di Masterchef.
Un luogo simbolo della gastronomia locale, espressione di un’attenzione maniacale per la qualità e l’innovazione, si è trovato improvvisamente sommerso.
La chef, attraverso i social media, ha raccontato la disperazione di assistere al ritorno all’acqua, dopo ingenti investimenti e un lavoro certosino di riqualificazione.
“Tutto sott’acqua”, ha scritto, descrivendo un quadro desolante, con le celle frigorifere silenziose e le stanze, appena ristrutturate, irrimediabilmente danneggiate.
Questo evento, purtroppo, non è un caso isolato.
Rappresenta una tragica conferma di come i cambiamenti climatici stiano intensificando gli eventi meteorologici estremi, mettendo a dura prova la resilienza dei territori montani e collinari, spesso caratterizzati da una gestione del rischio idrogeologico inadeguata.
L’episodio pone interrogativi urgenti sulla necessità di politiche di prevenzione più efficaci, di una pianificazione territoriale che tenga conto della fragilità del suolo e di un impegno collettivo per la riduzione delle emissioni di gas serra.
La ricostruzione materiale sarà lunga e complessa, ma è altrettanto cruciale ricostruire un senso di fiducia e una nuova consapevolezza del nostro ruolo di custodi del territorio.
Il silenzio delle celle frigorifere di “L’Argine” risuona come un monito, un campanello d’allarme per un futuro che richiede azioni concrete e una profonda riflessione sul nostro rapporto con la natura.







