sabato 27 Settembre 2025
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Gemona, nuova perizia sulla morte di Alessandro Venier

Il sopralluogo dei Carabinieri del Comando Provinciale di Udine, protrattosi per oltre quattro ore nella villetta di Gemona teatro di un orrore inaudito, ha rappresentato un ulteriore tassello nell’indagine sulla morte di Alessandro Venier, 35 anni, brutalmente assassinato e smembrato dalla madre, Lorena Venier, e dalla compagna, Mailyn.
L’immobile, scenario di una violenza estrema, è stato inizialmente sottoposto a una meticolosa perizia degli artificieri, precauzione necessaria data la passione della vittima per la collezionismo di armi, al fine di escludere la presenza di ordigni non segnalati.

La complessa attività investigativa, condotta in presenza degli avvocati delle due donne, ora indagate, e di periti tecnici di parte, si è concentrata sulla ricerca e documentazione di tracce biologiche rilevanti, cruciali per validare o smentire le dichiarazioni rese da Lorena Venier.

Questa nuova ispezione, a distanza di circa un mese dalla prima operazione condotta dal team del R.

I.

S.
– un’indagine che ha preso avvio dalla confessione della madre – mira a chiarire aspetti ancora oscuri e a ricostruire con maggiore precisione la sequenza degli eventi che hanno portato alla morte di Venier.
L’autopsia, il cui esito è atteso con la massima urgenza, rappresenta un punto di svolta nell’indagine.

La ricostruzione preliminare suggerisce uno strangolamento perpetrato con i lacci degli scarponi, tuttavia, i periti nominati dalla difesa di Mailyn hanno sollevato dubbi sulla corrispondenza tra questa ipotesi e le evidenze fisiche riscontrate sul corpo.

La discrepanza tra la narrazione fornita dall’indagata e i risultati dell’esame medico apre a possibili scenari alternativi e rende la dinamica della morte ancora più nebulosa.
Le indagini hanno rivelato un quadro inquietante di tentativi precedenti di eliminare la vittima.

Prima dello strangolamento, le due donne avrebbero tentato di soffocare Venier con un cuscino, successivamente, lo avrebbero fatto ricorso all’avvelenamento, somministrandogli un sedativo e due dosi di insulina.
Questi tentativi, se confermati, delineano un premeditato disegno criminoso e ampliano la gravità delle accuse nei confronti delle indagate.
Mailyn, fino ad ora, ha esercitato il diritto di non rispondere, mantenendo un silenzio impenetrabile.

La sua versione dei fatti è cruciale per la ricostruzione completa della vicenda e per chiarire il suo ruolo nell’omicidio.

L’attesa della sua deposizione, prevista nei prossimi giorni, alimenta le speranze di gettare luce su un caso che ha sconvolto l’intera comunità, un caso che, al di là della brutalità del gesto, solleva interrogativi profondi sulla psicologia dei soggetti coinvolti e sui meccanismi che possono condurre a una simile efferatezza.

La complessità dell’indagine, accentuata dalla presenza di elementi contraddittori e dalla necessità di escludere o confermare le accuse, richiede un’analisi accurata e multidisciplinare, che coinvolga competenze mediche, psicologiche e giuridiche.

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