sabato 2 Agosto 2025
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Trieste

Martina Oppelli: Denuncia l’Azienda Sanitaria per Tortura Psicologica

Martina Oppelli, nel suo atto finale, ha lasciato un’eredità legale di profonda rilevanza, depositando una denuncia-querela nei confronti dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina attraverso la sua rappresentante legale, l’avvocata Filomena Gallo, figura di spicco dell’associazione Luca Coscioni, in qualità di sua segretaria nazionale.

L’annuncio, formulato a Trieste durante una conferenza stampa, è stato affidato a Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, evidenziando la volontà di Martina di sollevare interrogativi cruciali sul diritto alla dignità e all’autodeterminazione, anche nel momento conclusivo della propria esistenza.

La denuncia, che precede il tragico epilogo in Svizzera, non si limita a contestare la negazione ripetuta – ben tre – dell’accesso al suicidio medicalmente assistito.

Il cuore della contestazione giuridica si articola attorno a due accuse di particolare gravità: il rifiuto di adempiere a un atto d’ufficio e, in maniera ancora più incisiva, il reato di tortura.

Quest’ultima accusa, in particolare, suggerisce una riflessione complessa e inquietante.

Non si tratta di una tortura fisica, ma di una sofferenza psicologica prolungata e inflitta attraverso un sistema sanitario percepito come barriera insormontabile alla propria volontà, al proprio diritto di scegliere la propria fine.
Questa scelta processuale, volta a contestare l’operato dell’azienda sanitaria, si inserisce in un contesto di crescente dibattito in Italia sul tema del suicidio assistito.
La decisione di Martina Oppelli, sostenuta dall’associazione Luca Coscioni, mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e a stimolare un confronto più aperto e profondo sulle condizioni in cui un individuo, affetto da una malattia incurabile e in condizioni di sofferenza insopportabile, possa esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione.

La denuncia-querela rappresenta quindi un atto simbolico, un tentativo di trasformare il dolore personale in un’occasione per rivedere le procedure, i protocolli e le sensibilità che regolano l’accesso a questo delicato diritto.
L’eredità di Martina Oppelli, al di là del suo gesto, si proietta verso un futuro in cui la dignità umana e la libertà di scelta possano essere riconosciute e tutelate con maggiore consapevolezza e compassione.
La vicenda solleva interrogativi etici e legali che necessitano di un’analisi accurata, tenendo conto delle implicazioni per i diritti individuali, la responsabilità del sistema sanitario e il ruolo della giustizia nel tutelare la volontà del singolo di fronte alla sofferenza e alla morte.

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