La piazza risuonava di un’energia palpabile, un coro di voci e strumenti che si levava in un’onda sonora contro le finestre del Municipio. Era la voce del Comitato No Ovovia, un’assemblea di cittadini determinati a far pesare la propria opposizione al progetto di collegamento a fune che minaccia di alterare il tessuto urbano e paesaggistico. Oltre trecento persone, un fiume umano composto da famiglie, attivisti, esperti, avevano risposto all’appello, brandendo striscioni e cartelli che esprimevano un dissenso radicato e diffuso.”Ovovia: un errore di prospettiva”, “Priorità alla comunità, non alle funivie”, “La nostra città non è a disposizione di speculatori” recitavano alcune delle insegne, testimonianza di una preoccupazione che andava ben oltre la semplice opposizione a un’infrastruttura. La protesta, vibrante e partecipata, si configurava come un atto di difesa del bene comune, un rifiuto di scelte imposte senza un reale coinvolgimento della popolazione.L’assemblea non si limitò alla semplice manifestazione; si trattò di un momento di confronto, un’occasione per articolare le ragioni profonde del dissenso. Al microfono, interventi appassionati denunciarono la mancanza di trasparenza nel processo decisionale, l’assenza di studi di impatto ambientale seri e approfonditi, l’incompatibilità del progetto con le esigenze reali della comunità.La cabinovia, presentata come soluzione innovativa per il collegamento tra centro città e altipiano, veniva etichettata come un’opera anacronistica e dannosa. Venivano sollevati dubbi sulla sua sostenibilità economica, sulla sua effettiva utilità per i residenti, sulla sua capacità di generare benefici duraturi. Si evidenziava come l’investimento ingente previsto avrebbe potuto essere destinato a progetti di maggiore impatto sociale, come il potenziamento del trasporto pubblico locale, il miglioramento delle infrastrutture esistenti, il sostegno alle attività produttive locali.La protesta, quindi, si configurava come una sfida al modello di sviluppo imposto dall’alto, un rifiuto di una visione che privilegiava gli interessi di pochi a scapito del benessere collettivo. Era una richiesta di partecipazione attiva, di un processo decisionale inclusivo e democratico, in cui la voce dei cittadini fosse ascoltata e presa in seria considerazione. Il Comitato No Ovovia si poneva come baluardo contro un’impostazione che rischiava di compromettere l’identità e la qualità della vita nella città.
No Ovovia: la città si ribella, basta speculatori!
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