L’immersione nell’acqua, che sia la tiepida carezza di una piscina o la vastità salmastra del mare, risveglia in me sensazioni profonde, quasi primordiali. Ricordo vividamente il ritorno alla piscina dopo le restrizioni imposte dalla pandemia: un tuffo che ha riacceso una scintilla, un ritorno a un elemento che nutre anima e corpo. Ma l’esperienza del mare è un’altra cosa, un’esaltazione della leggerezza, una sospensione che ingannano la gravità, una prospettiva unica per osservare la vita pulsante sotto la superficie, un balletto di pesci e la mutevole geografia dei fondali.È questa ricerca di un’esperienza totale che ha spinto Carlo Martone, l’unico rappresentante triestino alla Traversata dello Stretto di Messina del 15 giugno, un evento che attira nuotatori da ogni angolo del globo, testimoniando la sua forte attrattiva e la sua difficoltà di accesso. La sua perseveranza, premiata dopo numerosi tentativi, ne è la prova.La distanza, circa 3,5 chilometri, è secondaria rispetto alla vera sfida: la potenza imprevedibile delle correnti marine, spesso paragonabili a quelle di un fiume in piena. La navigazione in acque aperte impone un’organizzazione precisa, con gruppi ristretti di atleti (3 o 4) costantemente monitorati da imbarcazioni di supporto, sentinelle silenziose della loro impresa.Ma per Martone, la Traversata non è solo una prova di resistenza fisica, bensì un viaggio sensoriale e culturale. È l’incontro con la maestosità del paesaggio, l’incanto dei colori del mare, la genuinità dei sapori siciliani a irrobustire la sua motivazione. È un’immersione nella storia e nella cultura di un luogo iconico, un ponte tra due mondi.La passione di Carlo per la natazione è maturata nel corso di vent’anni di allenamento costante. Per la Traversata dello Stretto, la sua preparazione è un impegno quotidiano, un connubio tra la disciplina della piscina, dove affina la tecnica attraverso innumerevoli vasche, e la forza del mare di Barcola, tra il Molo G e Miramare, dove si confronta con le correnti e le onde, affrontando il percorso in entrambe le direzioni, un rituale che lo prepara non solo fisicamente, ma anche mentalmente, affinando la sua capacità di adattamento e la sua resilienza. La Traversata, quindi, è più di una gara: è un’espressione di dedizione, una celebrazione della connessione tra uomo e elemento, un viaggio verso i propri limiti e oltre.
Nuotare è vivere: l’esperienza di Martone alla Traversata di Messina.
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