Un coro di fischi, il tintinnio di campanelli e grida concitate che si levano a ondata di voce, scandendo slogan ripetuti: “No all’ovovia! Non serve! Trieste non la vuole!”. Una centinaia di cittadini, uniti da una profonda contrarietà, si sono riversati in Piazza Unità d’Italia, teatro di una vibrante protesta contro la realizzazione dell’impianto di trasporto a fune. La manifestazione, densa di simboli e richiamata dalla necessità di un dibattito più ampio, si è svolta parallelamente all’inizio del Consiglio Comunale, impegnato proprio nella discussione cruciale riguardante la controversa opera e, in particolare, sull’impatto della relativa variante al Piano Regolatore Generale.La questione dell’ovovia, lungi dall’essere un semplice progetto infrastrutturale, si configura come un nodo cruciale che incrocia interessi economici, tutela ambientale e scelte di governance cittadina. I manifestanti, portando con orgoglio le bandiere azzurre del Comitato “No Ovovia”, non si limitano a contestare la costruzione in sé, ma esprimono un disagio profondo verso le modalità di progettazione e la percezione di una mancanza di trasparenza nei processi decisionali. Le richieste, chiare e dirette, si concentrano sull’invito alle dimissioni del Sindaco Roberto Dipiazza, considerato responsabile di un’operazione che, a loro avviso, priverebbe la comunità triestina di risorse preziose e comprometterebbe in modo irreversibile il fragile equilibrio ecosistemico del territorio.Il progetto dell’ovovia, infatti, solleva interrogativi complessi. Al di là delle presunte efficienze in termini di trasporto pubblico, si teme un impatto negativo sulla qualità dell’aria, un aumento del traffico veicolare legato alle opere di accesso e una profonda alterazione del paesaggio urbano e costiero. Le cifre economiche, addotte a supporto della fattibilità dell’opera, sono oggetto di contestazione: si sospetta una sottostima dei costi reali e una sovrastima dei benefici economici attesi, con il rischio di un pesante onere per i contribuenti. La divergenza di vedute tra maggioranza e opposizione, già manifesta nel passato, continua a paralizzare ogni tentativo di mediazione. La questione si configura, quindi, come un conflitto non solo politico, ma anche generazionale e culturale: da un lato una visione improntata alla modernizzazione a tutti i costi, dall’altro una profonda preoccupazione per la salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale della città, espressione di un legame radicato con la storia e le tradizioni locali. Il dibattito, destinato a protrarsi per giorni, rappresenta un banco di prova per l’amministrazione comunale e una sfida per l’intera comunità triestina, chiamata a definire il proprio futuro e a scegliere tra sviluppo e sostenibilità.