mercoledì 13 Agosto 2025
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PSG: Perfetta ambizione, oltre il trionfo.

La ricerca incessante della perfezione, il desiderio di trascendere i confini del possibile: è questo l’imperativo che guida il Paris Saint-Germain, e che Luis Enrique, il suo capitano tecnico, esprime con lucidità e pragmatismo alla vigilia della Supercoppa Uefa contro il Tottenham.
La vittoria, un’esperienza euforica, diventa un punto di partenza, non una meta.

Ripetere quel trionfo, elevarsi al di sopra della mera ripetizione, significa intagliare un capitolo leggendario nella storia del calcio.
L’elemento cardine, la variabile che separa l’eccellenza dalla grandezza, risiede nell’unità di intenti, nella coesione che pervade ogni comparto della squadra, anche nei momenti di maggiore difficoltà.

Non si tratta solo di disporre di talenti straordinari, di “top player” capaci di sgnare l’epoca, ma di sublimare quell’individualità in un progetto collettivo, dove l’interesse del club prevale sulle ambizioni personali.

“Siamo un’entità unica, un organismo vivente”, ha affermato Enrique, delineando una visione di gioco dove il singolo si sacrifica per il bene comune.
La questione di Gianluigi Donnarumma, un talento indiscusso, un portiere di respiro mondiale, diventa quindi una lente attraverso cui osservare le scelte impietose che gravano sulle spalle di un allenatore.

“È uno dei migliori, un uomo ancora più straordinario”, ha riconosciuto Enrique, smorzando le polemiche con eleganza.
La decisione di tenerlo fuori dalla formazione non è una questione di volontà arbitraria, ma una scelta tecnica, dettata dalle specifiche esigenze tattiche e dal profilo di portiere richiesto dal gioco che il tecnico spagnolo intende imprimere alla squadra.
Una decisione difficile, ammette, perché la gestione dei talenti di vertice è costantemente messa alla prova.

La presunta alternativa, Chevalier o Safonov, rimane sospesa nell’incertezza, ulteriore riflesso di un sistema complesso e in continua evoluzione.
L’assenza di una strategia predefinita per i calci di rigore, un dettaglio apparentemente minore, rivela un approccio pragmatico, focalizzato sull’improvvisazione e sulla capacità di reagire agli eventi.
La squadra, appena ricostituita dopo i impegni mondiali, necessita di tempo per ritrovare la giusta alchimia.

Ma la “mentalità”, la ferrea volontà di prevalere, è intatta.

L’obiettivo è scrivere la storia, superare i limiti, alimentare la leggenda.

L’avversario, il Tottenham, è un enigma, un progetto in divenire, plasmato da un nuovo tecnico e da nuovi giocatori.
Enrique si astiene da pronostici, sottolineando la disparità di preparazione tra le due squadre.
Un avvertimento, un modo per togliere pressione, ma anche per ribadire l’impegno a dare il massimo.
Un passato, rivelato con discrezione, suggerisce un interesse non corrisposto per la panchina del Tottenham, una strada non percorsa.

Ma al di là del risultato sportivo, la vera essenza si rivela nella fame di vittorie, una sete inestinguibile che rischia di offuscare il piacere del successo, come evidenziato dal golfista Scottie Scheffler.

La pressione è palpabile, ma la passione per il calcio, l’amore per il gioco, prevalgono sull’avidità e sui calcoli economici.
“Ho visto quattro ragazzi che ancora giocavano a pallone dopo l’allenamento”, ha osservato Enrique, con un sorriso che tradisce la sua sincera soddisfazione.
C’è qualcosa di più del denaro, c’è l’amore, la passione, la condivisione di un sogno comune.

Una squadra non è solo un insieme di talenti, ma una famiglia, unita dalla stessa passione, pronta a superare ogni ostacolo, spinta dalla voglia di scrivere nuove pagine di storia.

E Luis Enrique, con la sua visione pragmatica e la sua profonda umanità, è il condottiero di questo straordinario viaggio.

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