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mercoledì 12 Novembre 2025

Safari di Morte a Sarajevo: Un Turismo Macabro

Il racconto dei “safari” a Sarajevo, un macabro fenomeno emerso con forza grazie all’inchiesta e al libro “I Bastardi di Sarajevo” (Infinito Edizioni, 2014 e 2018) di Luca Leone, giornalista e profondo conoscitore della complessa realtà bosniaca, continua a sconvolgere e a interrogare la coscienza collettiva.

L’attenzione si è riaccesa nel 2022, in concomitanza con l’uscita del documentario “Sarajevo Safari” del regista sloveno Miran Zupanic, che ha offerto una rappresentazione visiva, per quanto angosciante, di queste dinamiche aberranti.
Le cronache del conflitto bosniaco, già gravide di atrocità, si arricchiscono di questa particolare forma di violenza, un turismo del male che ha visto protagonisti cecchini pagati, operanti ai checkpoint controllati da formazioni paramilitari serbe, sia in Croazia che in Bosnia.
La conferma di questa realtà, lungi dall’essere una mera voce isolata, è giunta da testimonianze di giornalisti presenti sul campo e dalla popolazione civile assediata, vittima silenziosa di un orrore che si consumava sopra le loro teste.

Luca Leone, nel suo libro, non si è limitato a denunciare il fenomeno, ma ne ha sondato le profondità, svelando un sistema di pacchetti turistici macabri.
Questi pacchetti offrivano l’opportunità, a clienti provenienti da tutta Europa, inclusi italiani, di partecipare a “safari” di uccisione, mirando a civili inermi.

La narrazione si concentra su un caso particolarmente inquietante: un imprenditore italiano, descritto come un uomo apparentemente normale, che, insoddisfatto di cacciare animali selvatici, cercava un’esperienza di trasgressione ancora più perversa: il brivido di togliere una vita umana.
L’offerta era completa: “one shot, one victim”, un colpo, una vittima, tutto garantito, in sicurezza, con la promessa di una fuga agevole e, soprattutto, di impunità.
Questo sistema non era un’eccezione, ma una prassi, un’inquietante espressione della depravazione umana, un’aberrazione che si nutriva della guerra e della disperazione.

La vicenda solleva interrogativi scomodi sul ruolo della guerra come catalizzatore di comportamenti criminali, sulla responsabilità individuale e collettiva di fronte alla violenza e sulla necessità di non dimenticare, mai, le cicatrici profonde lasciate dal conflitto bosniaco, affinché tali atrocità non si ripetano.
L’eco di quei colpi di fucile, risuonando nel cuore di una città martoriata, continua a richiamare l’attenzione su un capitolo oscuro della storia europea, un monito costante contro ogni forma di barbarie.

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