La vicenda, avvolta in una spirale di escalation di violenza psicologica e fisica, testimonia una forma particolarmente grave di stalking e persecuzione post-relazionale.
L’uomo, dopo la conclusione della relazione sentimentale, ha perpetrato un iter di comportamenti volti a terrorizzare e controllare la sua ex partner, superando la mera irritazione per configurare un vero e proprio attentato alla sua sicurezza e dignità.
L’origine del conflitto risale al 2020, quando la donna, spinta all’estremo dall’intensità delle intimidazioni, ha sporto denuncia presso la Questura di Pordenone.
Inizialmente, l’uomo era stato oggetto di un ammonimento da parte del Questore e investito di una prima misura cautelare che gli imponeva il divieto di avvicinamento.
Nonostante ciò, la sua condotta non si è placata, sfociando in un arresto e in una condanna a un anno e dieci mesi di reclusione.
L’espiazione della pena, lungi dal rappresentare un punto di rottura e di riabilitazione, si è rivelata illusoria.
Al rilascio, l’uomo ha ripreso, con rinnovata ferocia, la campagna persecutoria.
Oltre alle innumerevoli chiamate e messaggi – un chiaro tentativo di violare gli spazi personali e di esercitare un controllo ossessivo – ha compiuto azioni particolarmente inquietanti.
L’uomo si è presentato inavvertitamente sul luogo di lavoro della donna, spacciandosi per un maresciallo dei Carabinieri, un’azione che rivela una premeditazione e una volontà di manipolazione degne di nota.
La minaccia di pestare un amico, identificato come nuovo compagno della vittima, esprime una forma di gelosia patologica e una volontà di aggressione verso chiunque possa rappresentare un ostacolo alla sua ossessione.
Il fenomeno delle molestie telefoniche si è esteso anche a persone vicine alla donna, con telefonate oscene e continue intimidazioni, ampliando la rete di terrore e alimentando lo stato di ansia e paura della vittima.
Questi comportamenti non sono episodi isolati, ma parte di un disegno più ampio volto a destabilizzare e isolare la donna, rendendola dipendente dalla sua presenza, anche se minacciosa.
Le indagini, scrupolosamente condotte dalla Squadra Mobile, hanno permesso di raccogliere elementi probatori di tale portata da convincere il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) a emettere una nuova ordinanza di custodia cautelare.
Questa misura non solo impone il divieto di avvicinamento, ma prevede anche l’applicazione di un dispositivo di monitoraggio elettronico, finalizzato a garantire la sicurezza della donna e a prevenire ulteriori atti persecutori.
L’utilizzo di tali strumenti dimostra la gravità del caso e la necessità di proteggere la vittima da un individuo con una spiccata propensione alla violenza e alla manipolazione.
Il caso solleva interrogativi importanti sulla riabilitazione dei soggetti che hanno commesso atti persecutori e sull’efficacia delle misure preventive necessarie per tutelare le vittime di stalking.