Il Tribunale di Trieste ha emesso una sentenza di condanna significativa nei confronti di cinque giovani afghani, richiedenti asilo, implicati in un episodio di violenza estrema avvenuto il 4 agosto 2024 sul Molo Audace.
L’aggressione, che ha visto come vittime tre giovani migranti di origini pachistane, ha portato alla loro condanna per tentata violenza sessuale di gruppo, estorsione e lesioni personali aggravate, con una pena complessiva di 12 anni e 8 mesi di reclusione.
Tre dei condannati, al termine della pena, saranno soggetti a provvedimento di espulsione e rimpatrio.
L’inchiesta, condotta dalla Procura, ha ricostruito un quadro allarmante di dinamiche violente e intimidazioni preesistenti all’aggressione.
Secondo le indagini, il gruppo di afghani avrebbe prevaricato le vittime, inizialmente con minacce e intimidazioni, per poi culminare in un’azione violenta premeditata.
La brutalità degli atti, descritta nel dettaglio dalla Procura, ha incluso l’utilizzo di coltelli, tirapugni, taser e spray urticante, con conseguenze fisiche gravi per le vittime.
Due di queste hanno riportato ferite da taglio profonde, mentre la terza è stata colpita da un pugno che l’ha causato lo svenimento.
La richiesta di pena avanzata dal sostituto procuratore Ilaria Iozzi, sebbene inferiore a quella emessa dalla sentenza, rifletteva la gravità del reato e la necessità di un segnale forte contro la violenza e la criminalità.
Il rito abbreviato ha comportato una riduzione della pena, come previsto dalla legge, ma non ha attenuato la severità della condanna.
È importante sottolineare che l’azione violenta ha coinvolto un numero maggiore di persone, quindici in totale, ma solo cinque individui sono stati identificati dalla Squadra Mobile e formalmente incriminati.
Questa circostanza solleva interrogativi sulle dinamiche di gruppo e sulla difficoltà di identificare e perseguire tutti i responsabili di un’azione del genere, evidenziando le sfide che le forze dell’ordine devono affrontare nella gestione di situazioni complesse come questa, soprattutto in contesti caratterizzati da fragilità sociali e difficoltà di integrazione.
L’episodio, inoltre, riaccende il dibattito sulla gestione dei flussi migratori, la sicurezza e la convivenza pacifica in contesti multiculturali.