Trieste, asilo negato: il rapporto Barriere Invisibili denuncia il sistema

L’accesso alla protezione internazionale a Trieste si rivela un percorso irto di difficoltà sistemiche, come documentato nel rapporto “Barriere Invisibili”, elaborato congiuntamente da Ics, Irc, Diaconia Valdese, Linea d’Ombra, No Name Kitchen, Goap, Fondazione Luchetta e Cdcp.

Il documento, frutto di un’attenta analisi condotta nel corso del 2025, emerge da un quadro complesso di testimonianze dirette, supporto legale continuo e segnalazioni ufficialmente inviate alle autorità competenti, rivelando una situazione ben al di là di semplici “ostacoli”.

Ogni giorno, un flusso costante di individui, spesso fuggiti da conflitti, persecuzioni o condizioni di estrema vulnerabilità, si rivolge all’Ufficio Immigrazione della Questura triestina nella speranza di iniziare una procedura di richiesta asilo.
Tuttavia, la capacità di accesso ai servizi è drasticamente limitata.

Mentre decine di persone si presentano, solo un numero esiguo, tra le dieci e le dodici, riesce effettivamente a entrare negli uffici e, persino tra questi, solo una frazione riesce a formalizzare la domanda di protezione.

Questo collo di bottiglia non è un incidente isolato, ma una caratteristica strutturale del sistema.

Il tempo necessario per la registrazione formale della domanda di asilo si estende in media a tre settimane, un intervallo già gravido di incertezza e sofferenza.

Tuttavia, il rapporto evidenzia una persistente e preoccupante tendenza a ritardi significativi, con attese che spesso superano i trenta, e in alcuni casi addirittura i sessanta giorni.
Questo prolungato limbo giuridico espone i richiedenti a condizioni di precarietà e vulnerabilità estreme, negando loro accesso a diritti fondamentali e perpetuando una situazione di profonda incertezza.

Il rapporto “Barriere Invisibili” non si limita a descrivere i ritardi procedurali, ma denuncia una serie di prassi potenzialmente discrezionali e non conformi alla legge.
Queste pratiche, spesso opache, comportano la privazione di qualsiasi forma di accoglienza per centinaia di persone, costrette a vivere in condizioni di estrema difficoltà per periodi prolungati.

La mancanza di trasparenza e la scarsa uniformità nell’applicazione delle procedure alimentano un clima di incertezza e diffidenza, ostacolando l’accesso effettivo alla protezione internazionale.

Le organizzazioni firmatarie del rapporto formulano una serie di richieste concrete volte a superare queste criticità sistemiche.

Si richiede innanzitutto un potenziamento significativo del servizio amministrativo, volto a garantire una registrazione tempestiva delle domande di asilo.

Parallelamente, si sollecita l’istituzione di procedure prioritarie, specificamente mirate a individui in condizioni di vulnerabilità, come minori non accompagnati, donne incinte o persone con disabilità.
Un aspetto cruciale è il miglioramento della trasparenza, con la pubblicazione di informazioni chiare e accessibili sulle modalità di accesso alla procedura di asilo.

Infine, si propone l’attivazione di un tavolo tecnico permanente, che coinvolga attivamente la Questura, la Prefettura, gli enti del terzo settore e gli organismi di tutela, al fine di favorire il dialogo, la condivisione di informazioni e la ricerca di soluzioni collaborative.
L’impegno delle organizzazioni si concretizza in un dialogo continuo con le autorità.
Un incontro con la Questura è già programmato, con l’obiettivo di presentare nuovamente i risultati del rapporto e sollecitare un’azione decisa per rimuovere le barriere che impediscono l’effettivo accesso alla protezione internazionale.
L’auspicio è che questo dialogo possa tradursi in un cambiamento concreto, volto a garantire il rispetto dei diritti fondamentali di chi cerca rifugio e protezione nel territorio triestino.

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