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venerdì 7 Novembre 2025

Trieste: corteo silenzioso contro la menzogna della tregua

Un corteo silenzioso, composto da circa un centinaio di persone, ha animato ieri sera il cuore di Trieste, esprimendo una profonda inquietudine e un rifiuto categorico di definire “tregua” la situazione in atto nel conflitto israelo-palestinese.
La mobilitazione, parte di una rete più ampia che ha visto contemporaneamente la partecipazione di altre città regionali, ha assunto il nome eloquente di “La tregua è una menzogna.
Israele bombarda ancora e il genocidio continua”.
La piazza è stata un palcoscenico di simboli potenti: bandiere palestinesi e vessilli bianchi, a rappresentare un’aspirazione disperata alla pace, si sono affiancati a una coreografia cromatica particolarmente suggestiva.
Molti partecipanti, seguendo le indicazioni degli organizzatori, hanno indossato indumenti rossi, un colore scelto per evocare il sangue versato, la sofferenza incalcolabile e l’urgenza di fermare la violenza.

Al microfono, le parole si sono fatte eco di un’angoscia palpabile.

Non si parlava di cessate il fuoco, bensì di una fragile e ingannevole pausa, un momento di respiro che non deve far dimenticare la persistente realtà dei bombardamenti e delle perdite di vite umane.

Il linguaggio utilizzato mirava a denunciare ciò che molti considerano un genocidio, sottolineando la necessità di mantenere alta l’attenzione e la vigilanza.
Il corteo, pur nella sua compostezza, ha espresso in maniera chiara e decisa le proprie posizioni attraverso slogan pro Palestina, un grido di solidarietà che si propaga attraverso i confini geografici, alimentato dalla speranza di un futuro in cui i diritti del popolo palestinese siano riconosciuti e rispettati.

La mobilitazione, più che un semplice atto di protesta, si è configurata come un monito: una chiamata alla responsabilità globale, un appello a non abbassare la guardia di fronte a una crisi umanitaria di proporzioni drammatiche e una rivendicazione di giustizia e dignità per le vittime di un conflitto troppo spesso percepito come distante e incomprensibile.

Il silenzio, interrotto solo dagli slogan e dalle voci al microfono, ha amplificato il messaggio di dolore, di rabbia e di speranza in un futuro di pace.

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