L’ombra della guerra in Ucraina si allunga anche sull’Italia, inghiottendo vite e alimentando l’incertezza per le famiglie.
David Di Gleria, 48 anni, originario di Paularo, in provincia di Udine, è scomparso dal fronte ucraino dall’undici settembre, precipitando in un limbo di silenzio che attanaglia i suoi cari.
Le informazioni, frammentarie e provenienti da fonti ucraine, lo descrivono come “missing in action”, un termine tecnico che cela la drammatica realtà di un soldato disperso in un contesto bellico.
La Brigata d’assalto Azov, l’unità nella quale Di Gleria aveva scelto di combattere, si trova attualmente in una delle aree più contese dell’Oblast di Lugansk, un territorio sotto il controllo russo e teatro di intensi combattimenti.
La notizia della sua scomparsa, filtrata inizialmente attraverso canali informali, ha colpito profondamente la comunità friulana.
I genitori, Silvano e Ameriga, vivono un’angoscia palpabile, alimentata dalla mancanza di comunicazioni dirette e dalla carenza di riscontri ufficiali da parte delle autorità.
La loro attesa, sospesa tra la speranza e il terrore, rappresenta un microcosmo del dolore collettivo che la guerra infligge alle famiglie.
Il percorso di David Di Gleria è stato costellato di esperienze diverse.
Dopo aver lavorato come autotrasportatore, aveva contribuito all’attività commerciale di famiglia a Sappada, un borgo montano incastonato tra le Dolomiti.
Successivamente, si era trasferito in Thailandia, intraprendendo un’esperienza nel settore della ristorazione, un ambiente lontano dai ritmi e dalle tradizioni della sua terra d’origine.
Questa decisione, come quella successiva di arruolarsi nella Brigata Azov, riflette una ricerca personale, una volontà di esplorare nuovi orizzonti e, forse, una certa inquietudine.
L’adesione di David Di Gleria alla Brigata Azov solleva interrogativi complessi.
L’unità, nata come gruppo di volontari ultranazionalisti, ha assunto un ruolo significativo nel conflitto ucraino, attirando anche un numero crescente di “foreign fighters” provenienti da diverse parti del mondo.
La presenza di combattenti stranieri, spinti da ideologie diverse o dalla ricerca di un’esperienza trasformativa, aggiunge un ulteriore livello di complessità a questo conflitto, rendendo ancora più difficile una comprensione globale delle motivazioni individuali e delle dinamiche di guerra.
La sua scelta, in un contesto di profonda crisi geopolitica, pone interrogativi sul significato del patriottismo, del volontariato e sulla responsabilità individuale di fronte a un conflitto armato che trascende i confini nazionali.







