L’eredità del progetto americano, inteso come riscatto di ideali europei erosi da secoli di conflitti e intolleranza, sembra oggi invertirsi: gli Stati Uniti, catalizzatori di innovazione e potenza economica, si ritraggono dal Vecchio Continente, orientando la loro traiettoria verso un Pacifico che incarna un futuro tecnologico e geopolitico in rapida evoluzione.
Questa dinamica, lucidamente analizzata dal filosofo Bernard-Henri Lévy, proietta l’Europa di fronte a una sfida esistenziale.
L’immagine di un “suono di un’altra Europa” rivela una realtà perturbante: siamo sull’orlo di un collasso storico, una frattura che si propaga attraverso molteplici direzioni convergenti.
Il primo, e forse più evidente, è rappresentato dalla Russia di Putin, il cui progetto non si limita all’espansione territoriale, ma mira a una destabilizzazione sistematica dell’Europa, percepita come responsabile della dissoluzione dell’ordine sovietico.
A questo si aggiunge la risurrezione di imperi revisionisti, come la Cina, alimentata da rancori storici legati al periodo coloniale, e una Turchia assertiva che contesta l’identità europea.
L’Iran, con il suo regime teocratico, e l’islamismo radicale, in tutte le sue declinazioni, completano questo fronte esterno ostile, puntando la loro aggressione contro i valori e l’esistenza stessa del continente.
Il contributo americano, un tempo baluardo della democrazia occidentale, si configura ora come un elemento di questa deriva, un distacco che amplifica le vulnerabilità interne.
Queste sono incarnate da movimenti politici antieuropei, come il governo Orbán in Ungheria e i partiti populisti tedeschi come l’AfD, che alimentano divisioni e minano la coesione dell’Unione.
Infine, la stessa tenuta dell’euro, moneta unica simbolo dell’integrazione europea, è a rischio, poiché la sua sopravvivenza dipende da una solida base politica sovranazionale, una condizione che oggi appare sempre più precaria.
Tuttavia, Lévy offre anche una prospettiva di speranza: il collasso non è inevitabile.
L’Europa può ancora evitarlo, ma a patto di un radicale cambiamento di mentalità e di azione.
È imperativo che il continente si doti di un’identità chiara e di un’autorità riconosciuta, superando l’anonimato che lo caratterizza e che si manifesta nella mancanza di un volto riconoscibile, sostituito da banconote impersonali.
Questo implica una condivisione della sovranità, un trasferimento di competenze cruciali dall’ambito nazionale a un’agora europea, un luogo di deliberazione e di decisione comune, in grado di affrontare le sfide globali.
La battaglia contro il populismo è fondamentale, così come la difesa dei pilastri culturali e spirituali che definiscono l’identità europea: Grecia, Roma e Gerusalemme, luoghi simbolici di civiltà e di storia.
Una lotta incessante contro l’antisemitismo, una forma di odio che affonda le sue radici in un passato di persecuzioni e di intolleranza, è altrettanto cruciale.
Infine, Lévy invita gli europei a riscoprire il loro orgoglio, ricordando che, pur avendo l’Europa generato il fascismo, ha anche dato alla luce l’antifascismo, e che i valori che animano i combattenti per la democrazia in Ucraina, Siria e Somalia sono i valori che l’Europa deve abbracciare e difendere con coraggio e determinazione.
Solo così potrà risuonare di nuovo un suono autentico, un’eco di speranza per il futuro.








