La cornice del Castello di Udine, illuminato da luci soffuse e cullato da un’aria umida di pioggia appena cessata, ha fatto da suggestivo palcoscenico per un evento di rara intensità: il concerto di Herbie Hancock, pietra miliare del panorama musicale contemporaneo, nell’ambito della 35esima edizione di UdineJazz.
L’esperienza dello stesso Hancock, un gigante della musica che ha attraversato decenni di evoluzione jazzistica e oltre, si è fusa con la vibrante energia di una formazione di prim’ordine – Terence Blanchard alla tromba, James Genus al contrabbasso, Lionel Loueke alla chitarra, Jaylen Petinaud alla batteria – per creare una sinergia comunicativa potente e commovente.
Il concerto non si è limitato a una mera esecuzione di brani noti; è stato un dialogo aperto tra il passato e il presente, tra la tradizione e l’innovazione.
Hancock, con la sua maestria al pianoforte e alle tastiere, ha guidato l’ascoltatore in un viaggio sonoro che spaziava dal profondo rispetto per le radici del jazz alla ricerca di nuovi orizzonti espressivi, attingendo alla sua vastissima produzione.
La presenza di Blanchard, trombettista di eccezionale talento, ha arricchito ulteriormente la trama sonora con le sue improvvisazioni graffianti e melodiche.
Genus, Loueke e Petinaud hanno fornito un supporto ritmico e armonico di rara finezza, interagendo con Hancock in un flusso continuo di idee e suggestioni.
Un momento particolarmente toccante è stato l’omaggio a Wayne Shorter, figura imprescindibile del jazz moderno, con l’esecuzione di “Footprints”, brano intriso di malinconia e profonda spiritualità.
Il ricordo di Shorter, scomparso recentemente, ha risuonato nell’aria, sottolineando l’importanza della trasmissione del patrimonio culturale e dell’importanza del legame tra le generazioni di musicisti.
Il ritorno alle atmosfere dei primi Headhunters, con “Actual Proof”, ha evocato l’energia e la sperimentazione di un’epoca d’oro, dimostrando la capacità di Hancock di reinterpretare il proprio passato con occhi nuovi.
L’utilizzo del sintetizzatore vocale, lungi dall’essere una mera trovata tecnologica, si è rivelato uno strumento per comunicare messaggi universali.
La domanda posta al pubblico – “Quante famiglie ci sono sul pianeta Terra?” – ha innescato una riflessione sulla connessione che lega l’umanità, superando barriere culturali e geografiche.
L’esortazione all’amore e all’assistenza, anche nei confronti dei familiari più difficili, ha amplificato il messaggio di empatia e solidarietà, estendendolo a tutto il pianeta.
Un invito a trascendere l’individualismo e ad abbracciare una visione globale, basata sulla compassione e sulla responsabilità condivisa.
L’energia del concerto ha raggiunto il suo apice con un medley esplosivo, che ha visto l’artista cimentarsi in un assolo infuocato al keytar, scatenando l’entusiasmo del pubblico.
La chiusura, con la profonda affermazione di ogni individuo come essere speciale e prezioso, ha lasciato un’eco vibrante, un messaggio di speranza e di incoraggiamento, un invito alla celebrazione della diversità e all’esaltazione del potenziale umano.
La serata, oltre ad essere un evento musicale di altissimo livello, si è configurata come un’esperienza formativa e commovente, un momento di connessione e di condivisione che ha arricchito la comunità udinese e ha lasciato un segno indelebile nella memoria di chi ha avuto la fortuna di presenziare.