Dopo un’esperienza intensa e prolungata nel panorama televisivo, Matteo Oleotto ha voluto riscoprire il cinema come gioco, come laboratorio creativo, come luogo di esplorazione dei generi e delle emozioni che lo hanno nutrito nel corso degli anni.
Da questa esigenza è nato “Ultimo schiaffo”, una dark comedy che, distribuita da Tucker Film a partire dall’8 gennaio, segna il suo ritorno alla regia cinematografica dopo undici anni.
Un ritorno corroborato da un progetto personale, plasmato dal desiderio di liberarsi dalle convenzioni e dai vincoli della televisione, e nutrito dalle suggestioni di capolavori come “Fargo” dei fratelli Coen.Il film, girato prevalentemente nel suggestivo contesto montano friulano, tra il Tarvisiano e le Cave del Predil, con alcune riprese in Slovenia, si distanzia dalle tradizionali commedie natalizie, proponendo una narrazione intrisa di umorismo nero e inquietudine.
Oleotto, che aveva già riscosso successo e plauso con la sua opera prima “Zoran, il mio nipote scemo” (2013), vincitore di prestigiosi riconoscimenti alla Mostra del Cinema di Venezia, racconta un percorso che lo ha visto alternare impegni televisivi – dalla co-regia di serie come “Volevo fare la rockstar”, “Doc” e “Maschi veri”, alla realizzazione di diversi film TV – e riflessioni profonde sul significato stesso del cinema.
Il successo di “Zoran”, che incassò un milione e mezzo di euro, lo proiettò in una posizione in cui ricevette proposte cinematografiche che non sentiva autenticamente sue.
Questa consapevolezza lo spinse a prendersi una pausa, a preservare il cinema come spazio di libertà creativa, lontano dalle logiche di mercato e dalle aspettative esterne.
“Ultimo schiaffo”, prodotto da Staragara IT con Spok Films e Rtv Slovenia, in collaborazione con Rai Cinema, immerge lo spettatore in un paesaggio alpino aspro e isolato, dove Jure (Massimiliano Motta) e Petra (Adalgisa Manfrida), fratello e sorella legati da un rapporto complesso, lottano per sopravvivere, offrendo i loro servigi come manovali.
La loro esistenza precaria viene sconvolta dalla scomparsa di Marlowe, un cane di apparente valore, e dalla promessa di una generosa ricompensa.
Questa occasione inattesa scatena una spirale di eventi tragicomici, un intreccio di equivoci, furti, imprevisti, ultimatum e, inevitabilmente, morte.
Oleotto utilizza questa cornice narrativa per esplorare il senso di precarietà e la vulnerabilità umana, amplificando le emozioni durante il periodo natalizio, un momento dell’anno che può esasperare la felicità o, al contrario, accentuare la solitudine e la tristezza.
Il film, quindi, non è solo una commedia nera, ma anche una riflessione sulla condizione umana, sulla ricerca di una vita migliore e sulla fragilità dei legami familiari, il tutto condito da un’originale miscela di generi cinematografici e un’atmosfera rarefatta e malinconica.
Il cast, guidato dai giovani Adalgisa Manfrida e Massimiliano Motta, e arricchito dalla presenza di Giuseppe Battiston, Giovanni Ludeno, Davide Iacopini, Carla Manzon e Rossana Mortara, contribuisce a creare un’esperienza cinematografica indimenticabile.






