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giovedì 6 Novembre 2025

Pasolini, profezia scomoda: Vecchioni ne riaccende la fiamma.

Il pensiero di Pier Paolo Pasolini, figura imprescindibile del Novecento, risuona con nuova urgenza, come sottolineato magistralmente da Roberto Vecchioni durante la commemorazione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa a Casarsa.

Lungi dall’essere una semplice voce dissonante, Pasolini incarnò una lucida profezia, un’analisi impietosa della deriva culturale che vedeva il mondo precipitare in un’epoca dominata dalla tecnocrazia e dall’appiattimento emotivo.
Vecchioni, con la sua profonda sensibilità, ha illuminato la singolarità di Pasolini, evidenziando come la sua originalità non fosse frutto di isolamento, ma di una capacità unica di percepire e interpretare le metamorfosi del reale.

Non si trattava di un distacco volontario, bensì di una conseguenza inevitabile della sua profonda onestà intellettuale e del suo coraggio di denunciare le ipocrisie del potere e le contraddizioni della società.

La sua poesia, dunque, non è un mero esercizio formale, ma un atto di resistenza, una forma di impegno civile che lo espose a pericoli e sofferenze.

La riflessione di Pasolini, come la intende Vecchioni, si radica in una visione umanistica profondamente radicata, un’eredità che il Novecento, con la sua accelerazione storica e i suoi progressi apparenti, sembrava aver abbandonato.

La perdita dell’umanesimo, per Pasolini, non significava semplicemente la fine di un’epoca, ma la perdita di un orizzonte valoriale, la perdita di un senso ultimo dell’esistenza.
La sua critica feroce alla borghesia non era un attacco gratuito, ma una denuncia del conformismo, dell’omologazione, della logica del “progresso” che sacrifica l’individuo sull’altare del profitto e della crescita illimitata.

Pasolini non era un teorico del cambiamento, ma un poeta-profeta che, attraverso la potenza evocativa del linguaggio, delineava l’immagine di un essere umano autentico, libero dalle catene dell’omologazione e capace di aspirare a una vita piena di significato.
La sua visione poetica non era un’utopia irrealizzabile, ma un invito a riscoprire quei valori eterni che costituiscono il fondamento dell’umanità: la compassione, la solidarietà, la ricerca della verità, la bellezza.
L’eredità di Pasolini, riproposta con acume da Vecchioni, ci interroga sulla nostra responsabilità individuale e collettiva.
Ci esorta a non cedere alla rassegnazione, a continuare a cercare, al di là delle apparenze, le persone e i valori che ci possono ancora dare un senso di appartenenza e di speranza.
La sua memoria, custodita e promossa dal Centro Studi Pasolini e dal Comune di Casarsa, rappresenta un faro nella notte, un invito a non dimenticare ciò che significa essere veramente umani.

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