sabato 2 Agosto 2025
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Relitto greco antico: un tesoro dal cuore del Mar Ionio.

Nel cuore del Mar Ionio, al largo di Santa Maria del Focallo, un’eccezionale scoperta archeologica emerge dalle profondità marine: un relitto greco di epoca arcaica, databile tra il VI e il V secolo a.

C.
La scoperta, frutto di una sinergia tra l’Università di Udine e la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, si inserisce nel contesto del Kaukana Project, un’ambiziosa campagna di ricerca archeologica subacquea giunta alla sua sesta edizione.

L’immersione in questo passato lontano ha rivelato non solo la struttura della nave, ma un vero e proprio tesoro di reperti che offrono una finestra privilegiata sulla vita e le attività marittime dell’antica Grecia.

Oltre alle componenti strutturali, sono stati recuperati frammenti dell’albero maestro, un elemento rarissimo in contesti relitti, ceramiche finemente decorate con la tecnica a figure nere, testimonianza dell’abilità artistica dell’epoca, e un piccolo contenitore per unguenti recante l’incisione della parola “Nau”, ovvero “nave” in greco antico, un dettaglio suggestivo che umanizza la tragica fine dell’imbarcazione.
Particolarmente significativo è lo stato di conservazione di un tratto di cima, che conserva la sua integrità e offre preziose informazioni sulle tecniche di costruzione navale.
Le operazioni, condotte tra maggio e giugno, hanno impiegato tecniche all’avanguardia per la documentazione scientifica dei reperti, tra cui rilievi diretti e acquisizioni fotogrammetriche, culminate nella creazione di un modello tridimensionale del relitto, uno strumento indispensabile per la sua analisi e divulgazione.
Il lavoro di documentazione è stato caratterizzato da estrema cautela, come sottolinea Massimo Capulli, coordinatore del progetto, permettendo la rivelazione di sezioni significative della nave, tra cui l’albero, un elemento che raramente sopravvive all’azione distruttiva del tempo e delle correnti marine.
La tipologia della nave, classificata come a guscio, rivela un costruttore abile e attento alle esigenze della navigazione.

Inizialmente parzialmente sepolta sotto sedimenti sabbiosi e massi, la sua progressiva liberazione, resa possibile dall’utilizzo di una sorbona ad acqua, ha permesso l’individuazione del paramezzale e di una delle ruote, elementi cruciali per comprendere l’architettura interna e la distribuzione dei pesi a bordo.
La missione, che ha visto la collaborazione di specialisti come Fabrizio Sgroi della Soprintendenza del Mare, Dario Innocenti e Lucrezia Maghet dell’Università di Udine, e il team di Sunk Costs Productions, si arricchisce di un ulteriore elemento di interesse con la realizzazione del docufilm “Shipwreck of Sicily”, co-prodotto da Martin Scorsese, che ha avuto l’opportunità di immortalare le fasi cruciali dello scavo, contribuendo a diffondere la conoscenza di questa straordinaria scoperta e a sensibilizzare il pubblico sull’importanza della tutela del patrimonio culturale sommerso.

La scoperta offre non solo un’opportunità unica per lo studio della navigazione e del commercio nel mondo greco antico, ma anche una riflessione sulla fragilità dell’esistenza umana e sulla potenza del mare, capace di preservare e rivelare i segreti del passato.

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