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mercoledì 5 Novembre 2025

Vecchioni rilegge Pasolini: un’eredità scomoda e universale

L’eredità intellettuale di Pier Paolo Pasolini, figura complessa e controversa del Novecento italiano, emerge con nuova luce nel ricordo di Roberto Vecchioni, presentato oggi attraverso i canali del Gruppo Nem.

Vecchioni, domani a Casarsa della Delizia per una lectio dal titolo emblematico “Pasolini, poeta dell’universalità umana”, ci offre una chiave di lettura profonda e sfaccettata di un autore che ha attraversato il secolo con una lucidità disarmante e un’angoscia pervasiva.
Pasolini, secondo Vecchioni, si configura come un intellettuale di straordinaria intensità, un enigma irrisolto capace di generare adesione e repulsione, un artista poliedrico che ha esplorato ogni mezzo espressivo – dalla narrazione romanzesca al saggio militante, dal cinema rivoluzionario alla poesia lirica, fino al giornalismo incisivo – lasciando un’impronta indelebile nel panorama culturale italiano.

La sua ricerca incessante di un principio unificante, di un *ubi consistam* capace di trascendere le divisioni e i contrasti del mondo moderno, si è rivelata progressivamente più ardua, di fronte al crescente abisso che separa l’uomo dalla natura, alimentato dalle dinamiche della cultura borghese.
La *Poesia in forma di rosa*, monumentale opera che articola un percorso di introspezione dolorosa attraverso cinque fallimenti personali e collettivi, rappresenta un’analisi impietosa del rapporto con il progresso, percepito non come un’evoluzione positiva, ma come un percorso ineluttabile verso un declino civilizzatorio.

L’immagine del “reset”, il desiderio di un ritorno ad uno stato primordiale, pre-storico, non va inteso come una proposta letterale, ma come una metafora struggente della volontà di recuperare un’innocenza perduta, un contatto diretto con le radici vitali dell’esistenza, libero dalle costrizioni e dalle alienazioni della società contemporanea.
Particolarmente significativa, nell’analisi di Vecchioni, è l’interpretazione della *Supplica a mia madre*.
In questo componimento, si ravvisa la figura materna come incarnazione di una legge d’amore universale, un principio trascendente che annulla le barriere sociali e le distinzioni individuali.
La maternità, in questo senso, diventa un elemento di unità, un balsamo che lenisce le ferite inflitte dalle scelte apparentemente “progredite”, ma in realtà estranianti e distruttive, che ci allontanano da un modello di crescita armonico e in sintonia con la natura.

È un invito a riscoprire un’umanità primordiale, un’empatia profonda, un amore incondizionato capace di superare le logiche del mercato e le ideologie dominanti.

L’eco di Pasolini risuona, attraverso Vecchioni, come un monito urgente: recuperare il senso perduto della nostra esistenza, prima che sia troppo tardi.

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