L’attuale flusso di capitali negli Stati Uniti, alimentato dall’imposizione di dazi doganali, presenta una dinamica complessa, che distorce la percezione dei suoi effetti duraturi.
Sebbene le entrate immediate siano tangibili, la loro sostenibilità e impatto macroeconomico a medio e lungo termine sono oggetto di profonda incertezza, come evidenziato dall’economista Alberto Bisin della New York University.
L’effetto positivo corrente, ossia l’afflusso di dollari, è in parte artefatto della situazione contingente.
Le aziende, in un clima di sospensione e attesa di sviluppi futuri, si trovano a pagare i dazi senza poter immediatamente trasferire questi costi su consumatori o rivedere le proprie strategie di produzione e approvvigionamento.
Questa fase transitoria gonfia artificialmente le entrate governative, creando una falsa impressione di robustezza finanziaria.
Bisin avverte che estrapolare la situazione attuale per formulare previsioni future rappresenta un errore di valutazione.
Le dinamiche economiche sono intrinsecamente mutevoli e l’assenza di movimenti strategici da parte delle imprese – tipici di un’economia in fase di adattamento a nuove condizioni – altera la prospettiva.
Un’analisi più accurata dovrebbe tenere conto della probabile risposta delle aziende una volta che l’incertezza si attenuerà.
Un aspetto cruciale, spesso trascurato, è la natura dei beni soggetti a dazi.
L’imposizione non si applica ai servizi, aprendo una potenziale via di elusione.
L’esempio citato, quello delle auto, illustra come la ripartizione del valore tra bene fisico e servizi correlati (consulenza, progettazione, assistenza) possa influenzare l’effettiva base imponibile.
Questo dimostra come la definizione stessa di “bene” sia malleabile e dipenda dalla capacità di ristrutturare la composizione del prezzo.
Tuttavia, il problema più rilevante, secondo Bisin, non risiede tanto nei dazi in sé, quanto nell’estrema volatilità e imprevedibilità delle politiche economiche statunitensi.
La mancanza di chiarezza sulla direzione futura, l’incertezza riguardante l’entità delle tariffe e, soprattutto, la potenziale erosione dell’indipendenza della Federal Reserve, generano un clima di diffidenza che mina la stabilità finanziaria.
Queste incognite alimentano la speculazione, rendono più difficile la pianificazione aziendale e, in ultima analisi, aumentano il rischio di turbolenze economiche.
La fiducia degli investitori, pilastro fondamentale della prosperità, si sgretola in un ambiente caratterizzato da un’incertezza così pervasiva.
In sintesi, l’apparente vantaggio derivante dai dazi è un inganno che maschera una fragilità strutturale amplificata dalla mancanza di una politica economica coerente e prevedibile.