La sala stampa, gremita, risuonava di un’aria tesa, un’eco della disfatta appena subita.
Kosta Runjaic, pur escluso dalla panchina, si era presentato, un gesto che parlava più di mille parole.
Il suo volto, segnato da una profonda delusione, comunicava un senso di responsabilità ineludibile.
“Sono qui non per attenuare le conseguenze, ma per assumerne la piena responsabilità,” esordì, la voce roca, carica di un’amarezza palpabile.
La sconfitta casalinga contro il Genoa, più che un risultato, rappresentava un brusco risveglio, una ferita aperta nel progetto ambizioso che l’allenatore aveva delineato.
Non si trattava semplicemente di una partita persa, ma di un fallimento tattico e di approccio che minava le fondamenta della squadra.
“Il risultato di oggi è irrilevante se lo contrapponiamo alla fragilità che abbiamo mostrato,” dichiarò, con un cenno del capo verso i dati statistici, che giudicò privi di significato di fronte a un quadro complessivo così critico.
L’analisi di Runjaic andò oltre la superficialità del punteggio finale.
L’approccio al match, il modo in cui i giocatori avevano interpretato la partita, erano stati profondamente errati.
C’era stata una mancanza di aggressività, di determinazione, una sottovalutazione dell’avversario che si era materializzata in ingenuità difensive fatali.
“Non possiamo permettere che la mancanza di ambizione si traduca in errori elementari,” sottolineò, la frustrazione evidente nella sua espressione.
La questione dei cambi, spesso al centro delle discussioni post-partita, fu liquidata con un gesto della mano.
Runjaic insistette sul fatto che i problemi erano radicati nel primo tempo, quando la squadra era in campo con i suoi giocatori di riferimento.
“Le scelte che ho fatto non sono il problema,” affermò, spostando l’attenzione sulle dinamiche di squadra e sulla mentalità da correggere.
Il futuro, nonostante le difficoltà, non era visto con rassegnazione.
Runjaic si mostrò determinato a risanare le fratture, a infondere nuova linfa vitale in un gruppo che aveva perso la bussola.
“Sono il primo responsabile e ho già una chiara visione di ciò che deve essere fatto,” annunciò, con un tono fermo e deciso.
La sua leadership, seppur provata, non vacillava.
Promesse metodi chiari, coerenti, improntati a una profonda revisione dei concetti base e alla riscoperta di valori come l’impegno, il sacrificio e la resilienza.
Non si trattava solo di allenare calciatori, ma di formare uomini, capaci di affrontare le sfide con coraggio e determinazione.
La strada era in salita, ma Kosta Runjaic era pronto a percorrerla, guidando la sua squadra verso un futuro di riscatto.






