La tragica scoperta del corpo di Alex Marangon, giovane 25enne residente a Marcon (Venezia), il 2 luglio 2024 nelle acque del fiume Piave, a Vidor (Treviso), ha aperto una vicenda complessa e dolorosa, ora al vaglio delle autorità giudiziarie.
Le indagini, supportate da un’approfondita analisi tossicologica eseguita da esperti del Burlo Garofolo di Trieste, hanno rivelato un quadro preoccupante: la presenza nel suo organismo di sostanze psicoattive, in particolare cocaina, e residui di estratti derivati dall’ayahuasca, una bevanda rituale di origine amazzonica.
L’assunzione di ayahuasca, avvenuta quattro giorni prima del ritrovamento del corpo, è risultata collegata alla partecipazione a un rito sciamanico a cui Marangon aveva preso parte insieme a un gruppo di persone.
L’ayahuasca, tradizionalmente impiegata in contesti cerimoniali da alcune comunità indigene sudamericane, agisce come potente enteogeno, inducendo alterazioni percettive, cambiamenti emotivi e, in alcuni casi, esperienze spirituali intense.
La sua composizione chimica complessa, derivata dalla combinazione di diverse piante, interagisce con il sistema nervoso centrale, influenzando la serotonina e altri neurotrasmettitori.
La presenza di cocaina, in aggiunta all’ayahuasca, complica ulteriormente la dinamica degli eventi.
L’interazione tra queste due sostanze, entrambe capaci di alterare significativamente la funzione cerebrale, potrebbe aver contribuito a uno stato di vulnerabilità e disorientamento nel giovane, rendendolo esposto a rischi imprevedibili.
La cocaina, stimolante del sistema nervoso centrale, può aumentare l’ansia, l’aggressività e la paranoia, mentre l’ayahuasca, pur in contesti rituali controllati, può scatenare reazioni intense e, in alcuni casi, destabilizzanti.
La relazione tossicologica, ora in possesso della Procura della Repubblica di Treviso, rappresenta un elemento cruciale nell’ambito delle indagini.
Oltre a confermare la presenza delle sostanze incriminatorie, si prefigge di ricostruire il percorso metabolico di Alex Marangon, cercando di determinare i livelli di concentrazione delle sostanze, il tempo di assunzione e l’eventuale ruolo di fattori esogeni o preesistenti nel determinare l’esito fatale.
L’intera vicenda solleva interrogativi profondi sulla crescente diffusione di pratiche sciamaniche e di esperienze con sostanze enteogeniche in contesti non tradizionali, spesso al di fuori di un adeguato supporto psicologico e medico.
La ricostruzione completa delle circostanze che hanno portato alla morte di Alex Marangon richiederà un’analisi accurata non solo dei risultati tossicologici, ma anche delle testimonianze dei partecipanti al rito sciamanico e di una valutazione del contesto sociale e psicologico in cui si è inserito il giovane.