Cortina d’Ampezzo si desta sotto un velo di neve fresca, un contrasto vivido con le temperature miti che hanno dominato le ultime due settimane.
L’inverno, seppur tardivo, riaffiora, tingendo di bianco le vette maestose che cingono la valle.
Le cime della Tofana, il Cristallo, il Sorapis e l’Antelao, iconiche sentinelle dolomitiche, si ergono imbiancate, offrendo uno spettacolo di rara bellezza che incanta i visitatori.
La diminuzione termica, innescata da una perturbazione atmosferica notturna, ha prodotto un calo significativo delle temperature.
Nel cuore della città, la minima si è attestata a 8 gradi, mentre in alta quota, oltre i 2.
500 metri, il termometro è precipitato a zero, preludio a un raffreddamento ancora più marcato nelle ore successive.
Un brusco cambiamento, soprattutto se paragonato alle temperature estive che avevano caratterizzato i giorni precedenti.
L’evento non si limita a un mero fenomeno meteorologico; è un segnale, un campanello d’allarme che risuona in un contesto più ampio di mutamenti climatici.
L’irregolarità delle stagioni, la latenza dell’inverno, la precocità della primavera, sono manifestazioni evidenti di un sistema in evoluzione, un ecosistema che risponde ai cambiamenti globali con reazioni sempre più imprevedibili.
Parallelamente alla bellezza del paesaggio invernale, una realtà più cupa si manifesta nel fondovalle.
Le piogge intense, aggravate dal manto di vegetazione satura d’acqua, hanno generato una nuova colata detritica proveniente dalla Croda Marcora.
Questa colata ha investito la statale 51 di Alemagna, nel tratto già interrotto a seguito delle precedenti frane, accentuando le difficoltà di viabilità e mettendo a rischio infrastrutture e abitazioni.
L’evento di San Vito di Cadore è un esempio tangibile di come il cambiamento climatico esacerbi i rischi idrogeologici.
L’aumento della frequenza e dell’intensità delle precipitazioni, unitamente alla saturazione del suolo, favorisce il distacco di materiale instabile e l’innesco di frane e colate detritiche.
La statale 51, come altre arterie vitali della regione, è una vulnerabile linea di confine tra l’ambiente naturale e le attività umane, un monito costante alla necessità di adottare misure preventive e di gestione del territorio sempre più efficaci e innovative.
Il paesaggio dolomitico, con la sua ineguagliabile bellezza, si rivela anche un fragile equilibrio che richiede un’attenta salvaguardia e una profonda consapevolezza.