Il dibattito sul terzo mandato, lungi dall’essere una mera questione procedurale, solleva interrogativi fondamentali sulla rappresentanza democratica e sulla continuità amministrativa nel nostro Paese. La frammentazione normativa, che genera una geografia amministrativa “a macchia di leopardo”, dove alcune figure elette possono ambire a un secondo o terzo mandato mentre altre sono precluse, incide negativamente sulla percezione di equità e sulla coerenza del sistema politico. Questa disparità, che riguarda specificamente i ruoli apicali direttamente eletti dal corpo elettorale, evidenzia una lacuna nella capacità di garantire un approccio uniforme e prevedibile nella gestione delle istituzioni.Come sottolineato dal Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, nel contesto di un confronto con il Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, la questione non è semplicemente legata alla creazione di “centri di potere”. Piuttosto, essa tocca il cuore stesso del rapporto tra cittadino e istituzioni. L’auspicio è che le riforme legislative pongano il cittadino al centro, trasformandolo da spettatore passivo a protagonista attivo nella scelta della propria classe dirigente.L’attuale sistema, caratterizzato da una frequente rotazione delle figure apicali, comporta inevitabilmente una perdita di continuità nelle politiche e nei progetti in corso. Mentre un cambio di leadership può portare innovazione e nuove prospettive, l’interruzione dei processi decisionali e la dispersione delle competenze acquisite possono compromettere l’efficacia dell’azione amministrativa. Il terzo mandato, quindi, non va interpretato come un diritto acquisito, bensì come uno strumento potenziale per garantire maggiore stabilità e coerenza nell’attuazione delle politiche pubbliche, a condizione che sia accompagnato da meccanismi di controllo e trasparenza che ne prevengano gli abusi.Il timore espresso da Zaia – che il terzo mandato non conferisca una sorta di “immunità” rispetto al giudizio popolare – è centrale. Il voto resta l’arbitro ultimo e inappellabile. La possibilità di ricandidarsi non deve essere percepita come un’occasione per eludere il controllo democratico, ma come una responsabilizzazione ulteriore. La scelta di candidarsi, o di lasciare spazio ad altri, deve essere guidata da un profondo senso di responsabilità verso la comunità rappresentata e dalla consapevolezza che la leadership è un servizio, non un privilegio. L’autunno imminente porterà con sé la risposta a questo interrogativo cruciale, indipendentemente dalla direzione che il dibattito legislativo prenderà.
Terzo Mandato: Tra Continuità, Riforma e Voto dei Cittadini
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