Un’operazione della Guardia di Finanza di Treviso ha portato all’arresto domiciliare di un imprenditore padovano e all’indagine di dieci complici, individuati come prestanome, smascherando un sofisticato schema criminale volto all’acquisizione fraudolenta di società.
L’associazione, dedita a una vera e propria “predazione” aziendale, mirava a esaurire il patrimonio delle società acquisite, conducendole al fallimento in un ciclo distruttivo, alimentato da finanziamenti pubblici illecitamente ottenuti.
Il fulcro dell’organizzazione era incarnato dall’imprenditore arrestato, presentato pubblicamente come “business angel” specializzato nel risanamento di aziende in crisi, ma in realtà artefice di una complessa rete di manipolazione finanziaria e giuridica.
L’indagine ha rivelato il suo ruolo di vero e proprio burattinaio, controllando di fatto due società trevigane, attraverso complesse strutture societarie opache, e sottraendo risorse pubbliche per un ammontare di circa 1,7 milioni di euro.
Questi fondi, destinati a sostenere i programmi di internazionalizzazione, sono stati deviati per arricchire gli indagati e finanziare ulteriori acquisizioni, perpetrando un sistema di accumulazione illecita.
L’approfondimento delle attività finanziarie delle società beneficiarie di contributi pubblici ha consentito agli investigatori di individuare anomalie significative.
L’incrocio dei dati con le banche dati del Corpo ha portato alla luce irregolarità nelle due società trevigane, che hanno subito specifici controlli amministrativi relativi alla gestione dei fondi pubblici.
I successivi accertamenti hanno evidenziato come i finanziamenti, ufficialmente destinati a promuovere l’inserimento nei mercati del Kuwait e dell’Albania attraverso la partecipazione a fiere, non abbiano mai concretamente sostenuto tali attività.
Parallelamente, la richiesta di un finanziamento volto a salvaguardare la solidità patrimoniale delle PMI si è rivelata basata su bilanci falsificati, ulteriore elemento di inganno volto a eludere i controlli.
Tra il 2020 e il 2022, l’imprenditore, già noto alle autorità giudiziarie per precedenti accuse di evasione fiscale, bancarotta fraudolenta e riciclaggio, ha orchestrato trasferimenti di denaro ingiustificati verso altre società di sua proprietà, mascherati dietro un contratto di rete artificioso.
Questo strumento, presentato come una collaborazione industriale, commerciale e tecnologica tra le imprese aderenti, in realtà serviva a drenare liquidità verso sei società del gruppo, per un totale superiore a 1,6 milioni di euro, depauperandole di risorse vitali.
L’intera operazione ha innescato la liquidazione giudiziale delle due società trevigane, sigillando il crollo di un sistema economico distorto e criminalmente costruito.
L’indagine, in corso, mira a ricostruire la piena portata del sistema e a individuare tutti i soggetti coinvolti, quantificando l’ammontare complessivo delle risorse sottratte alla collettività.