giovedì 16 Ottobre 2025
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Infantino a Gaza: quando il calcio entra in politica.

L’immagine è densa di significato, una composizione studiata per catturare l’attenzione: la firma di un accordo, potenzialmente un punto di svolta per la regione di Gaza, riunisce figure cariche di responsabilità politica e diplomatica.

Trump, figura centrale in un crocevia di interessi, incornicia un panorama di potere che include al-Sisi, il cui ruolo strategico nel Mediterraneo orientale è innegabile, Erdogan, con le sue ambizioni regionali e i suoi molteplici equilibri, e l’emiro Al Thani, portavoce di un Qatar attivo in mediazione.
L’ambizione di Meloni, Macron e Starmer si fa strada tra la folla, cercando un posizionamento significativo accanto al Segretario Generale dell’ONU, Guterres, custode formale della speranza internazionale.

Ma in questo affresco, intriso di storia e geopolitica, emerge una dissonanza, un elemento apparentemente fuori luogo: Gianni Infantino.
La sua presenza, contrariamente alla logica dei protagonisti, stimola una riflessione più ampia sul potere, la sua manifestazione e la sua ubiquità.
L’eleganza formale del suo abbigliamento – il completo scuro, la camicia immacolata, la cravatta porpora, scelta che denota audacia e un’affermazione di sé – non contribuisce a stemperare la stranezza della situazione.

Non si tratta semplicemente di un errore di casting, ma di un’immagine che suggerisce l’infiltrazione del potere economico nello spazio della politica internazionale.
Infantino, presidente della FIFA, incarna il potere del calcio, un fenomeno globale che trascende i confini nazionali e che genera ricchezza e influenza senza precedenti.
La sua presenza, in un contesto così delicato e complesso come quello della pace a Gaza, rivela una verità scomoda: il potere non risiede solo nelle mani dei leader politici, ma anche in chi controlla flussi economici e mediatici di portata planetaria.

Il calcio, con la sua enorme base di fan e le sue ingenti risorse finanziarie, è diventato un attore geopolitico a tutti gli effetti, capace di influenzare decisioni e di plasmare l’opinione pubblica.

La sua presenza, per quanto apparentemente incongrua, solleva interrogativi sulla crescente commistione tra sport, politica e finanza, un fenomeno che sta ridefinendo i rapporti di forza a livello globale.
L’immagine non è una semplice fotografia, ma un’allegoria del nostro tempo, un invito a guardare oltre le facciate e a comprendere le dinamiche complesse che governano il mondo.

L’intruso, in questo contesto, non è un errore, ma un sintomo.

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