22 ottobre 2024 – 11:45
Il procuratore Davide Pretti ha richiesto una condanna a 5 anni e 4 mesi di reclusione nel processo abbreviato per i due giovani imputati di aver commesso uno stupro nei confronti di una coetanea durante una festa tenutasi in un appartamento in via Stradella, la notte del 10 ottobre 2023. I due imputati sono Piero A.C., 21 anni, assistito dall’avvocato Nadia Garis, e Pedro O.T., 20 anni, difeso da Marisa Giovanna Ferrero, accusati di violenza sessuale aggravata: avrebbero abusato a turno di una ragazza ventenne che si era addormentata durante una festa domestica caratterizzata da alcol e droghe. Entrambi hanno espresso rimorso e pentimento, con il maggiore dei due che ha anche versato 3mila euro come risarcimento. Il ventenne è stato detenuto presso le Vallette dal mese di ottobre ed ha conseguito il diploma di scuola media mentre era rinchiuso, dichiarando la volontà di compensare ma non disponendo delle risorse economiche necessarie. L’episodio risale all’autunno scorso quando la polizia è intervenuta presso un appartamento in via Stradella 88 arrestando tre giovani con l’accusa di stupro di gruppo. Al termine delle indagini uno degli indagati è stato scagionato poiché la vittima non lo ha identificato tra gli aggressori. La ragazza ha raccontato di aver perso i sensi su un divano dopo aver consumato alcol e droghe, riprendendo conoscenza con forti dolori addominali e diversi ragazzi sopra di lei. Una perizia genetica del centro antidoping di Orbassano ha confermato le tracce biologiche lasciate dai partecipanti sul divano, supportando l’ipotesi della violenza subita. La Procura contesta due circostanze aggravanti: l’azione compiuta in gruppo e il sfruttamento dello stato d’incoscienza della ragazza che non poteva difendersi. Durante le indagini la giovane ha raccontato: “Urlavo, piangevo e loro ridevano”. Uno dei tre avrebbe poi accompagnato la ragazza fuori strada tentando maldestramente di giustificarsi prima d’abbandonarla in stato confusionale dicendo: “Ho visto gli altri farlo, quindi ho pensato potesse essere accettabile”. Questa giustificazione è stata ripetuta più volte da entrambi gli imputati: “Credevamo fosse consensuale, non un abuso”.