L’attuale politica delle accise sui carburanti in Italia sta generando un impatto distributivo iniquo, penalizzando in modo significativo una parte consistente del parco auto circolante.
L’aumento di 1,5 centesimi di euro per litro di gasolio, entrato in vigore il 15 maggio, ha comportato un incremento immediato del costo del pieno, aggravato dall’applicazione dell’IVA, con una ripercussione economica annuale stimata in circa 22 euro per i possessori di veicoli diesel che effettuano due rifornimenti mensili.
L’aspettativa di una compensazione equivalente per i proprietari di autovetture a benzina, derivante dalla concomitante riduzione dell’accisa sulla “verde”, si è rivelata disattesa.
Mentre il prezzo del gasolio è aumentato senza esitazione, il calo del prezzo della benzina è stato marginale, quasi impercettibile, nonostante i giorni e le settimane successive all’entrata in vigore della nuova normativa.
Questa divergenza crea un disequilibrio evidente, con un impatto diretto sul potere d’acquisto dei consumatori.
Considerando che il parco auto italiano conta circa 40,5 milioni di veicoli, di cui il 42% alimentato a benzina e il 40,9% a gasolio – equivalenti rispettivamente a circa 17 milioni e 16,6 milioni di veicoli – l’impatto di questa discrepanza è considerevole.
Non si tratta solo di una questione di costo del pieno, ma di una percezione di ingiustizia e di una fiducia erosa nei confronti delle politiche governative.
La situazione solleva interrogativi cruciali riguardo alla trasparenza e all’efficacia del meccanismo di allineamento delle accise.
L’obiettivo dichiarato di uniformare il carico fiscale sui diversi tipi di carburante non può giustificare una distribuzione iniqua degli oneri, che rischia di favorire alcuni settori a scapito di altri.
È necessario un ripensamento profondo della strategia fiscale, che tenga conto non solo degli aspetti economici, ma anche di quelli sociali e ambientali.
In particolare, sarebbe opportuno introdurre meccanismi di controllo più stringenti e sanzioni più severe per prevenire e punire eventuali comportamenti speculativi da parte degli operatori del settore, garantendo che le riduzioni previste vengano effettivamente trasferite ai consumatori.
Inoltre, un’analisi più dettagliata dei costi di produzione, distribuzione e commercializzazione dei carburanti potrebbe rivelare fattori che contribuiscono alla discrepanza osservata, suggerendo possibili interventi correttivi mirati.
Un approccio più equo e sostenibile richiede una maggiore trasparenza, una vigilanza più attenta e un impegno concreto per proteggere i diritti dei consumatori e promuovere una concorrenza leale sul mercato.
Infine, l’integrazione di incentivi per la transizione verso carburanti alternativi e veicoli a basse emissioni dovrebbe essere considerata come una strategia complementare per mitigare l’impatto economico e ambientale del settore dei trasporti.